Pisapia licenzia Equitalia: ora ha 6 mesi per trovare il nuovo "esattore gentile"

Il Consiglio comunale vota il divorzio con l'ente di riscossione. Ma Palazzo Marino deve sostituirlo con un privato. O fare da sé

Sede di Equitalia
Sede di Equitalia

Non è la fine di una storia d'amore, perché in fondo il Comune di Milano non ha mai amato Equitalia. E ancora meno l'hanno amata nel corso di questi anni i milanesi che si sono visti arrivare a casa le raccomandate con l'inconfondibile plico bianco che annunciava imminenti ganasce ed ipoteche. Così quella che questa sera va in scena il Consiglio Comunale, con il voto che sancirà il divorzio tra Palazzo Marino e l'ente pubblico di riscossione, potrebbe essere una cerimonia quasi festosa, destinata a portare il sollievo nelle case di tanti milanesi maltrattati dall'invadenza del fisco. Una battaglia comune tra maggioranza ed opposizione, sancita dall'incontro nel luglio scorso tra Giuliano Pisapia (nella foto tonda) e Bobo Maroni, in cui il sindaco proclamando «Equitalia ne ha fatte troppe» sposò la battaglia del leader leghista a favore di un fisco dal volto umano.

Ma non è detto che il Comune possa davvero divorziare immediatamente dall'agenzia presieduta da Attilio Befera. I rapporti tra i Comuni italiani ed Equitalia, infatti, sono regolati da una legge che fissava per il prossimo 31 dicembre la fine delle convenzioni. Ma il «decreto Sviluppo» varato da governo Monti il 5 ottobre ha spostato la scadenza al 30 giugno, ed è difficile pensare che Palazzo Marino possa fare finta di niente. Almeno per altri sei mesi Equitalia dovrebbe restare incaricata del lavoro più sgradevole, il cosiddetto «recupero coattivo» a carico dei contribuenti morosi e di chi non paga le multe: è l'attività sui cui metodi, considerati a volte troppo bruschi, si sono concentrate le critiche. Mentre la parte più soft dell'attività di riscossione, la «volontaria», è già passata di mano: la Tarsu, la tassa sui rifiuti che è l'unica imposta comunale dopo l'abolizione dell'Ici, già da quest'anno è gestita direttamente da Palazzo Marino in collaborazione con Intesa Sanpaolo.

L'assemblea di Palazzo Marino, insomma, stasera non potrà fare altro che confermare l'esistente: Tarsu incassata direttamente, e la caccia ai morosi affidata per altri sei mesi ad Equitalia. Ma il vero punto di domanda è cosa avverrà dopo, a partire da luglio, quando il divorzio tra Milano e l'agenzia diventerà totale. Chi si occuperà di recuperare le tasse, e con quali metodi? Il Comune potrebbe scegliere di fare da solo, ma attualmente non h auna struttura i grado di svolgere questo lavoraccio, ed è difficile che possa allestirla in sei mesi. O potrebbe rivolgersi a strutture private, con lo spettro di scandali come quello di Tributi Italia, il cui amministratore è finito in cella. E comunque col rischio di dover sostenere costi molto maggiori rispetto all'aggio tra l' e il 2 per cento praticato da Equitalia ai comuni per la riscossione volontaria.

Ma, soprattutto, quali saranno i metodi? Il «sindaco gentile» troverà un modo gentile di costringere i cittadini a pagare tasse e multe? Equitalia ha sempre spiegato di limitarsi a eseguire le richieste degli enti locali: erano i Comuni a mettere all'incasso i debiti

di cittadini a volte indigenti, e l'unica forma di indulgenza possibile da parte di Equitalia era la rateizzazione. Da stasera, Milano avrà sei mesi di tempo per dimostrare che la via amichevole alle tasse non è un'utopia.

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