Le contestazioni? Ormai sono un rito come la "prima"

Le proteste annuali davanti al Piermarini dal Sessantotto di Mario Capanna si sono ridotte a stanca e inutile liturgia

Le contestazioni? Ormai sono un rito come la "prima"

Mi raccomando ragazzi, non fate scherzi, anche quest'anno, soprattutto quest'anno non potete mancare. Comitati per la casa, centri sociali, antagonisti vari, disoccupati più o meno organizzati, cobas assortiti, sindacalisti Fiom «presenti a titolo personale», studenti impegnati in occupazioni con l'approvazione di qualche sottosegretario, no-global spuri, insomma contestatori e protestatari di ogni specie vi aspettiamo stasera in piazza Scala. Rispettate la tradizione che ormai si ripete immancabilmente da 46 anni, da quando, quel 7 dicembre 1968, uno studente appena passato dalla Cattolica alla Statale, destinato a diventare famoso, un certo Mario Capanna trascinò davanti al Piermarini alcune decine di compagni per accogliere con lanci di pomodori e uova marce i borghesoni della Milano di allora – quando c'era una borghesia. Sciure impellicciate e ingioiellate al braccio di «comenda» in smoking, presi alla sprovvista come le scarse forze dell'ordine presenti, spaventati e scandalizzati, si infilarono in fretta e furia nel teatro per assistere al «Don Carlo» di Giuseppe Verdi diretto da un Claudio Abbado che già simpatizzava per la protesta. E molti di quei «comenda» e di quelle sciure si apprestavano a passare dalla parte dei lanciatori di uova e pomodori. Nasceva così la «contestazione», termine allora praticamente sconosciuto, e nasceva anche una tradizione che da quel 7 dicembre è sempre stata rispettata. Contiamo su voi, dunque, perché lo sia anche quest'anno. Anzi, più che una tradizione – e voi alternativi dovreste detestare le tradizioni - nasceva un vero e proprio rito. Come altrimenti definire, infatti, un comportamento che si ripete immancabilmente da quasi mezzo secolo? Ormai è scontato che non può esserci Sant'Ambrogio e Prima scaligera senza contestazione: un rito ambrosiano anomalo, dunque. E come tutti i riti, anche questo è previsto e atteso e alla sua celebrazione ci siamo preparati. Tanto più che nei giorni scorsi voi stessi avete in tutti i modi e in diverse occasioni annunciato il rispetto della tradizione e del rito. Senza chiedervi, però, che valore concreto abbia ormai, quali vantaggi possa portare alla vostra causa, cosa possa accadere di positivo per voi l'indomani. Farete il vostro baccano, strillerete i vostri slogan, sarete più o meno violenti e aggressivi, imbratterete tutto l'imbrattabile, ve la prenderete soprattutto con i poliziotti, i soli veri lavoratori che stasera saranno in quella piazza e alla fine sarete soddisfatti. Forse qualcuno acciaccato, forse qualcuno fermato ma soddisfatti e convinti di aver fatto il vostro dovere. E invece avrete banalmente compiuto un inutile rito, che ai vostri argomenti non porterà neppure un briciolo di quel vantaggio propagandistico che la sorpresa organizzata da Capanna 46 anni fa portò alle sue tesi.

Semmai, anzi, potrà contribuire a screditare i vostri argomenti, se non altro presso quella parte dell'opinione pubblica che da tempo non ne può più di questi show fatti di strade bloccate, piazze occupate, traffico impazzito, muri imbrattati, vetrine rotte, fumogeni e di tutte le altre espressioni tipiche di queste forme di protesta, di questo rito alla fine inconcludente e sterile.

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