La Corte dei conti accusa: "Fondi Expo dirottati"

I magistrati contabili: «Fascicolo sull'appalto per il collegamento tra Stephenson e Zara»

La Corte dei conti accusa: "Fondi Expo dirottati"

Il clima è in apparenza formale e cerimonioso: i carabinieri in alta uniforme, le autorità in prima fila, i magistrati con la toga e il buffo cappellino. Ma ieri mattina l'inaugurazione dell'anno della Corte dei Conti, nella sede di via Marina, racconta di una tensione palpabile tra la magistratura contabili e le istituzioni milanesi. Il sindaco Beppe Sala quindici giorni fa è stato raggiunto da un invito a risarcire due milioni di euro per gli appalti sulla piastra di Expo. E ieri il procuratore generale della Corte, Salvatore Pilato, cala un altro carico: rende noto, nella sua relazione, di avere aperto una inchiesta anche su un altro capitolo di Expo, la strada di collegamento tra via Stephenson - alle soglie dell'area dell'esposizione - e la fermata Mm di viale Zara. Un appalto sfiorato da una serie di ombre, tra cui l'innalzamento di quasi dieci milioni del costo finale. Per una strada, oltretutto, aperta ad agosto 2015, quando Expo era già inaugurata da tre mesi e consegnata definitivamente nell'ottobre 2016, quando la fiera era finita quasi da un anno.

Allo stato delle istruttorie su Expo, Pilato dedica un intero paragrafo della sua relazione. Accenna in una sola riga invece al capitolo più spinoso, la vicenda degli appalti allegri per l'ammodernamento del palazzo di giustizia, varati col consenso dei vertici della magistratura milanese. E in una frase - ma approfondendo poi il tema in un incontro con la stampa - affronta il tema della nuova inchiesta, questa sulla strada di accesso a via Stephenson.

Alla base c'è una deliberazione dell'agosto scorso dell'Anac, con cui l'authority anticorruzione faceva le pulci all'intera vicenda del collegamento stradario, concludendo che l'esecuzione del progetto «è stata caratterizzata da gravi disfunzioni e irregolarità che non trovano giustificazione nelle deroghe per l'evento Expo 2015 e che hanno comportato notevoli incrementi di costo», passato da 29 a 37 milioni a forza di varianti. Anac puntava il dito soprattutto contro la Metropolitana Milanese, che aveva progettato l'opera, e che «era consapevole della criticità prima di procedere all'appalto delle opere ma non ne ha tenuto conto»; ma dava conto di come Mm avesse scaricato la responsabilità originaria su Sala: «Mm ha fatto presente che, a causa della compressione dei tempi da parte del Commissario, la stima progettuale del materiale da asportare è stata condotta sulla base di rilievi topografici e con l'ausilio di strumenti informatici per la modellazione 3D».

Tutto avvenne insomma in nome della fretta, come in altri pasticci di Expo. Ieri, entrando nell'aula della cerimonia, Sala si mostra tranquillo sia sul fronte dei guai penali che di quelli contabili, «io faccio il mio mestiere e starò in attesa del giudizio». Ma ormai è chiaro che lo scontro è aperto.

Tanto che nella sua relazione, Pilato sente il dovere di inserire quella che, pur nell'involuzione del periodare, suona forse come un'excusatio: «La funzione inquirente deve essere orientata alla individuazione di specifiche ipotesi di danno pubblico-finanziario, senza alcuna interferenza nelle valutazioni di utilità complessiva conseguite con l'organizzazione dell'evento, al quale sono connesse molteplici esternalità di rilevanza socio-economica».

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