«Così è stato affossato il museo dello sport»

«Così è stato affossato il museo dello sport»

Se il Museo di San Siro è il più visitato di Milano, molto lo si deve anche a lui, Onorato Arisi, 58 anni, ex commercialista con il pallino del collezionismo sportivo, l'uomo che ha messo insieme con passione e professionalità i pezzi unici esposti nelle bacheche dell'Inter e del Milan sotto le tribune dello stadio. Ma la passione di Arisi non si è fermata a San Siro: proprio sull'onda del successo del museo calcistico, aveva progettato la realizzazione del Museo dello Sport di Milano, un'idea ambiziosa che avrebbe dovuto raggruppare in un unico posto le reliquie dello sport cittadino che spesso si è sovrapposto a quello nazionale.
E il fatto che Milano sia stata la culla di gran parte degli sport italiani (anche se adesso la città da questo punto di vista è in stato comatoso) ha aiutato Arisi a raccogliere veri pezzi pregiati, legati a personaggi leggendari. Dai gol di Meazza ai record di Consolini, dai guantoni di Loi e Bossi, di Lopopolo e Cammarelle alla bici di Maspes, alla maglia di campione olimpico di Gaiardoni al body di Moser con cui fece il record dell'ora al Vigorelli, per arrivare alla giacca usata da Soldini per il giro del mondo, fino alla tenda e alla slitta con cui Abrogio Fogar e Armaduk raggiunsero il Polo Nord: una collezione preziosissima pronta ad entrare nel museo che doveva rappresentare atleti e squadre che hanno scritto pagine storiche dello sport italiano.
Con lavoro certosino Arisi e il suo staff avevano raccolto gran parte di questo materiale, pronti ad esporlo nella sede designata della piscina Cozzi, in un'ala del palazzo adeguatamente restaurata per ospitare questa collezione. Ma le solite lungaggini burocratiche hanno vanificato le promesse della giunta Moratti, mentre l'attuale giunta ha chiuso i rubinetti all'iniziativa decretando di fatto la fine del progetto e del sogno di Arisi, ma anche di tutti quelli che hanno fatto sport a Milano. «Purtroppo - spiega Arisi - il Comune mi ha fatto sapere che non potevano più investire i 600mila euro necessari a riqualificare l'ala della Cozzi destinata ad ospitare il museo. Così non solo non si realizzerà l'iniziativa, ma quei locali resteranno ancora inagibili a lungo, nello stato di abbandono in cui versano dal dopoguerra».
Senza dimenticare che il museo, nelle intenzioni del curatore, doveva anche diventare sede ideale per conferenze stampa o manifestazioni legate all'attività sportiva cittadina, oltre che possibile sede del Club Milano, l'associazione che sulla carta dovrebbe raggruppare le società di eccellenza dello sport milanese. Ma anche questa iniziativa è stata inghiottita nel vuoto pneumatico che questa città ha saputo creare attorno allo sport. Così Arisi ha preso tutti i suoi cimeli ed è migrato a Torino dove entro la fine dell'anno realizzerà il museo dello Sport italiano allo stadio Olimpico e dove, logicamente, finiranno gran parte degli oggetti appartenuti agli sportivi milanesi. «A Torino evidentemente sono più sensibili sull'argomento - conclude amaramente Arisi -, mentre la mia città non ha rispetto per il proprio passato. Mi hanno già consegnato i locali, praticamente un quarto dello stadio attualmente utilizzato dal Torino, e mi stanno supportando con attenzione in tutto.

Mi sono buttato a capofitto nel lavoro e a settembre contiamo di presentare ufficialmente l'iniziativa. E così, paradossalmente, le testimonianze della grandezza sportiva della Milano che fu, andranno in vetrina a Torino. Ma Milano evidentemente non le meritava». L'ultima occasione sprecata.

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