I cinesi chiudono. Nel cuore di Milano, come in altre ricche zone della Lombardia, per la prima volta hanno iniziato a abbassare le saracinesche anche i piccoli imprenditori orientali. Una tendenza che è confermata anche dai dati della Camera di Commercio di Milano: le aperture hanno rallentato nel capoluogo lombardo, mentre le cessazioni sono in crescita.E se il fenomeno è stato notato è perché accade in zone centrali della città come corso Buenos Aires, una delle vie più importanti per il commercio. Nelle vie magari un po' più defilate come via Lazzaretto e viale Tunisia, erano presenti dai primi anni del Duemila diversi piccoli esercizi: il classico negozietto cinese dove trovare di tutto un po' a prezzi minimi o magari il bar acquistato a peso d'oro da un italiano che voleva disfarsene (magari in cambio di contanti) o il parrucchiere. Ebbene tutte attività che oggi sono in crisi.Un esempio è proprio il bar: venduto per poco meno di 250mila euro prima della crisi, è stato ceduto di recente dal titolare cinese a un italiano. E per meno della metà del costo iniziale. Ma anche il venditore generico ha dovuto chiudere perché non ci sono più i clienti di prima: «Avevo aperto nel 2007 - spiega tra gli scatoloni - e ora, nonostante un affitto di mille euro al mese, non riesco a rimanere aperto». Anche i parrucchieri, una delle attività storiche per i cinesi, sono sotto scacco di nuove catene italiane a basso costo. Perché a parità di basso costo è ovvio che la scelta cada sul parrucchiere italiano. Anche i dati della Camera di commercio confermano un rallentamento: a Milano, infatti, le nuove registrazioni crescono lentamente, mentre le cessazioni sono in crescita. I primi tre trimestri del 2015 hanno visto rispettivamente 168, 170 e 184 aperture, contro 99, 127 e 138 chiusure: una forbice che va assottigliandosi, anche se nel complesso il bilancio resta positivo. Un segnale che anche nel piccolo commercio, oltre a quelle generali del colosso cinese che in questi giorni è al centro dei terremoti della borsa, si sono sentiti i colpi della crisi. Difficoltà che gli italiani conoscono bene: dal 2011 al 2015 hanno chiuso 690 botteghe e affini solo nel centro cittadino, un negozio ogni due giorni. Anche se, in questo caso, in molti hanno puntato l'indice contro l'Area C, la tassa voluta per limitare l'accesso al cuore della città con motivazioni ambientali e che non sembra aver sortito effetti, a parte limitare i clienti del piccolo commercio. E la tendenza sembra confermata anche nel resto della Lombardia: alcuni articoli della stampa locale di Bergamo hanno evidenziato le chiusure avvenute negli ultimi due anni degli imprenditori orientali in via Quarenghi. Proprio da quella strada era partita l'espansione del commercio orientale. Ma laRassegna non è l'unica testata a riportare la stessa questione: anche La Provincia di Lecco ha pubblicato in autunno un articolo sullo stesso fenomeno.
E anche il declino di corso Mameli a Brescia, come scritto dal Corriere, ha vissuto lo stesso choc: i cinesi chiudono. E non si tratta nemmeno di una tendenza solo lombarda ad andare un po' a guardare quello che sta succedendo in un po' tutte le regioni della Penisola.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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