Il fratello Nino rimasto ucciso per farlo evadere, la fuga fallita, tutti i complici in galera, il ritorno dietro le sbarre e il carcere a vita come prospettiva futura e senza scampo. Si sente un uomo finito Domenico «Mimmo» Cutrì. E ne ha tutte le ragioni. Catturato nella notte tra sabato e domenica dai Gis dei carabinieri in una villetta di Inveruno il pregiudicato 32enne ormai può solo rimuginare, nella cella di massima sicurezza di Opera, sull'impossibilità persino di poter condividere il suo sogno di libertà con l'unica persona che l'aveva capito al punto da realizzare un progetto criminale ardito e sgangherato pur di saperlo di nuovo felice: il fratello. La speranza che aveva tenuto vivo Mimmo, infatti, se n'è andata insieme a Nino. E ora non gli resta più niente.
«Non escludiamo che possa tentare di togliersi la vita, per questo è guardato a vista - spiega un investigatore -. Attenzione, però, a non farlo diventare una sorta di eroe mancato o dipingerlo come il boss che in realtà non è. Bisogna chiudere questa vicenda in fretta: in fondo c'è ben poco da aggiungere ancora. La madre si ostina a dire che i figli non volevano far male a nessuno e che l'assalto è stato un atto dimostrativo contro la condanna all'ergastolo? Se fosse vero quel che sostiene allora perché, dopo il gesto, il figlio non si è andato subito a costituire? L'autorità giudiziaria ne avrebbe tenuto certamente conto».
Certo, la vicenda personale di Mimmo Cutrì va archiviata. Il suo legale, Roberto Grittini, ieri lo ha definito «provato e spaventato», sottolineando che il pregiudicato parla pochissimo.
Tuttavia il lavoro degli investigatori non è ancora finito. Non solo mancano all'appello le semiautomatiche utilizzate lunedì 3 febbraio dal commando a Gallarate durante l'evasione. L'unica arma, la 357 rinvenuta nel covo di Cutrì in via Villoresi a Inveruno, è una pistola a tamburo che quindi non era tra quelle usate nell'agguato davanti alla sezione distaccata del tribunale di Busto Arsizio. Per questo i carabinieri sono convinti che - oltre al covo piemontese di Cellio (Vc), a quello di via dei Celsi a Gallarate e alla villetta di Inveruno, esista un quarto covo. Dove qualcuno, molto vicino ai fratelli Cutrì, se non proprio un parente stretto, potrebbe aver nascosto le semiautomatiche e probabilmente anche qualche fucile. Intanto emerge che i titolari di un autonoleggio in via Como di Inveruno, attraverso il sistema di geolocalizzazione, il 5 febbraio hanno ritrovato il furgone bianco utilizzato più volte dalla banda prima e dopo l'evasione.
Ieri, intanto, si è tenuta l'udienza di convalida del fermo di Carlotta di Lauro - la compagna di Nino Cutrì - e del fratello minore della famiglia calabrese, il 23enne Daniele, anche lui accusato di aver fatto parte del commando. La 26enne rischia di vedersi portar via dal tribunale dei minori il figlio di 5 anni per averlo condotto nel covo di Cellio.
Stamane a Busto Arsizio, c'è grande attesa per l'udienza del processo per truffa che si doveva tenere lunedì scorso a Gallarate quando Domenico Cutrì venne fatto fuggire dopo una sparatoria con gli agenti della polizia penitenziaria. Si presenterà?
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