Dai profughi ai ministri nervi tesi tra Sala e Parisi

Due ore di tensione a teatro per il primo duello tra i due avversari Mr Expo attacca su Salvini. La replica: «Tasse di Pisapia più 120%»

Chiara Campo

Dai profughi alle tasse alzate del 120% da Pisapia rispetto all'ex sindaco Moratti ai tour elettorali dei ministri a Milano per fare campagna al candidato del Pd («quando li vedi dì che passino a parlare anche con me»). Stefano Parisi colpisce e affonda più volte Beppe Sala durante il primo duello tra i due candidati-big in campo. Il confronto organizzato ieri dal Foglio al teatro Parenti in due ore ha acceso parecchie scintille. Si parla dell'emergenza profughi in arrivo e il candidato del centrodestra ricorda di aver chiesto quasi un mese fa un tavolo a sindaco, prefetto e con tutti gli sfidanti in campo per condividere un piano ed evitare che nel vuoto istituzionale la situazione degeneri: «Pisapia mi ha detto che non vuoi farlo - la frecciata a mr Expo - forse pensi che sia un tranello politico ma è nella cultura democratica condividere i piani di emergenza. Ed è un'ipocrisia far finta di niente, dire accoglienza punto e basta, il tema immigrati va gestito seriamente o le nostre periferie diventeranno come le banlieu parigine». Applausi. Al netto della claque sparsa in platea da entrambi gli schieramenti, ne incassa più Parisi dello sfidante. Un paio a testa i fischi. Sui profughi Sala nonostante le polemiche dei mesi scorsi e il dietrofront del governo ammette che «usare il campo base Expo era una buona soluzione». Parisi contesta le tasse e la squadra di Pisapia che «ha dormito e ha bloccato lo sviluppo della città» e ora si ritrova candidata nelle liste di Sala. Lui ribatte che non accetterebbe «mai come sponsor uno come Salvini». Controreplica: «Promettimi che prima delle elezioni troverai un altro argomento oltre a quello di Salvini. Io sono orgoglioso della mia coalizione, in tutte c'è un'ala più radicale ma io ho fissato il programma con la Lega prima del voto e mi sono discostato con coraggio in campagna elettorale su alcune posizioni. Tu farai un accordo politico al ballottaggio con la sinistra radicale, e finirai come Pisapia con i progetti bloccati in aula». Nel centrodestra «non ci sono fratture adesso e non ci saranno». Entrambi resterebbero a fare fare il capo dell'opposizione in caso di sconfitta, nessuno dei due si dimetterebbe da sindaco se fosse colpito solo da un avviso di garanzia, ma solo Parisi ha l'onestà di ammettere - senza usare strumentalmente la vicenda giudiziaria contro Sala - che «il sindaco Pd di Lodi Uggetti non doveva essere arrestato, è stato eccessiva. Sono sempre garantista, non ho sentito invece parole forti a sinistra». Parisi attacca il renziano per «aver scritto che ho rifiutato un confronto in Rai. Io sono fair, rispetto gli avversari, ma fino a un certo punto. Tu ti sei rifiutato sempre, a quel dibattito mi arriva improvvisamente la convocazione senza che mi avessero neanche chiesto se ero libero».

Sala punta il dito su «una visione troppo negativa della città» di Parisi e gli fa presente che «i cinesi ad esempio quando decidono dove andare in vacanza guardano come primo parametro la sicurezza. Basta dipingere Milano come luogo insicuro». L'avversario ribatte che «un'altra vota fai disinformatio, un vecchio modo di fare politica. Milano è la città più bella d'Italia ma ha bisogno di cambiare passo, attirare più investimenti, se la Gran Bretagna voterà il brexit andrò ad offrire alle grandi imprese un pacchetto di vantaggi per trasferire il quartier generale a Milano, con il Pgt di Pisapia non potrebbero realizzare un grattacielo di venti piani in un anno e mezzo». Rivela che contro di lui «c'è una pagina Facebook che racconta perchè non votare Parisi, scritta da giovani virgulti del Pd come Gad Lerner o Piero Bassetti». Sul patto pubblico-privato concordano entrambi.

Anche se il manager di centrodestra è stato accusato dal Pd di «voler privatizzare la cultura. Ho detto che voglio trasformare i musei in Fondazioni di diritto privato, copierò Walter Veltroni». Non proprio uno di destra. Appello al voto, fin dello show.

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