«Dall'America è tornato il mio sabato italiano»

In America, dove ha vissuto per 12 anni, è stato uno dei protagonisti dello «smooth jazz»; ha suonato con leggende come Tony Scott e Dizzy Gillespie ma il nome di Sergio Caputo rimane legato al clamoroso successo di Un sabato italiano. Un album che compie trent'anni e da cui parte il rilancio del cantautore romano.
Caputo pubblica oggi una versione completamente rinnovata del disco, il romanzo autobiografico Un sabato italiano memories e stasera debutta in tournée - partenza dal Teatro Nuovo - con una big band jazz. «Rieseguirò tutto l'album con i nuovi arrangiamenti che rappresentano al meglio la mia vocazione pop jazz. Si può dire che il disco e la tournée saranno all'insegna del jazz, senza dimenticare i colori della melodia all'italiana. Poi non mancherà una carrellata dei miei maggiori successi». Come Italian Mambo, anche se il suo fiore all'occhiello rimane Un sabato italiano. «Un disco che non è mai passato di moda perché racconta storie vere - sostiene Caputo -, le storie di un 30enne single, che faceva il pubblicitario, e che passava dai cupi anni Settanta alla leggerezza degli Ottanta che musicalmente non sono così brutti come molti li dipingono. Ad esempio c'era David Bowie, Bruce Springsteen, la new wave inglese...». Caputo è orgoglioso della nuova versione di Un sabato italiano: è la sua attualizzazione ai nostri tempi delle canzoni. «Ho classicizzato i brani riarrangiando le canzoni con fiati veri, mentre nell'originale erano riprodotti con il sintetizzatore, e ho eliminato quei suoni elettronici, tipici degli anni Ottanta, che oggi mi fanno rizzare i capelli in testa».
Partito dal Folk Studio di Roma e lanciato nel 1978 dal re della musica leggera Vincenzo Micocci, Caputo - dopo mille esperienze (diversi album come lo strumentale jazz That Kind of Thing e serate nel North Beach di San francisco, dove è nata la beat generation) è sempre seguito da una fedele legione di fan che nel suo romanzo autobiografico scoprono tanti segreti.

«Non nascondo che, a quel tempo, sperimentai tutte le droghe tranne l'eroina - ci confessa Caputo - e che, finito il lavoro, andavo a dormire fino alle 22 per poi passare tutta la notte in giro con gli amici. L'obiettivo principale erano le ragazze. Da quell'humus sono nate molte delle mie canzoni».

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