Dall'atomica al Dna. Il teatro s'interroga sulle paure della scienza

Al Piccolo il giallo sul vertice a Copenaghen del '41. Al Parenti il Nobel della Franklin

Dall'atomica al Dna. Il teatro s'interroga sulle paure della scienza

Il tessuto connettivo del sistema teatrale milanese mette in scena, con debutto nella stessa settimana, due spettacoli che ruotano sul tema della scienza. Si tratta di Copenaghen, classico allestimento con Umberto Orsini (Piccolo Teatro Grassi, dal 3 al 22 aprile), e Il segreto della vita-Rosalind Franklin (Franco Parenti, 3/25 aprile), storia della scienziata che nel 1957 diede un volto alla matrice della vita, il Dna. Lo spettacolo al Piccolo, diretto da Mauro Avogadro, è l'incontro, da morti, di tre scienziati che ricordano cosa avvenne nel 1941, a Copenaghen. Quell'anno Werner Heisenberg (Massimo Popolizio) andò a trovare il suo maestro Niels Bohr (Orsini), nella Danimarca sotto il tallone nazista. Parlarono sicuramente di questioni atomiche: la bomba era un obiettivo segreto per chi combatteva la guerra, l'arma risolutiva, come poi è stato. Ma nessuno ascoltò quella conversazione nel giardino di casa Bohr, alla quale partecipava anche la signora Heisenberg (Margrethe, Giuliana Lojodice).

Michael Frayn, l'autore, fa delle ipotesi e trasforma il lontano e forse cruciale ragionamento tra grandi fisici in una leva per trattare di verità, relative e universali. Come si conviene alla scienza. Nulla di strano se l'incontro fra teatro e scienza, in apparenza spurio, è spesso felice. Succede, oltre che al Piccolo con Orsini, al Parenti con Il segreto della vita di Anna Ziegler, nella regia di Filippo Dini.

Lucia Mascino, molto amata dal pubblico anche per i molti spettacoli di successo al fianco di Filippo Timi, dà vita alla scienziata ebrea, scomparsa a soli 38 anni nel 1958, che rivelò al mondo l'esistenza della doppia elica. Una scoperta che non fu lineare, diede anzi occasione per discriminazioni, inganni, invidie e tutto l'armamentario delle bassezze umane.

Il Nobel per la struttura del Dna venne assegnato nel 1962 a James Watson, Francis Crick e Maurice Wilkins, che si guardarono bene dal riconoscere un merito fondamentale alla collega Rosalind Franklin, sebbene già morta da quattro anni. Soltanto in seguito il lavoro e il genio di Rosalind trovarono posto, con fatica, nella storia della scienza, che a dire il vero è sempre stata regno di guerre senza risparmio tra gli addetti ai lavori. Rosalind Franklin, come Marie Curie che la precedette di vari decenni, morì per l'esposizione ai raggi X, eccessiva e probabilmente inevitabile per il lavoro che voleva portare a termine.

Una martire nel nome superiore della Verità non religiosa, ma sempre in dubbio, sempre alla prova di verifiche e falsificazioni. E che il teatro, nel più crudele dei mesi, mette in luce per noi ignari, in un tempo che trascura la scienza fino a renderla una variabile della politica più deteriore.

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