Beppe Sala guida il fronte dei sindaci lombardi (Bergamo, Brescia, Cremona, Lecco, Mantova, Milano e Varese) critici rispetto all'operato della Regione. Nonostante sostengano di non voler fare polemica, le tre domande che rivolgono alla Regione hanno tutto il sapore della contestazione. «Le risposte i sindaci le conoscono da settimane. Fingono di ignorarle evidentemente per calcolo politico» ribatte piccato Fontana.
«Vogliamo capire l'indirizzo che prenderemo insieme nel confrontarci con questo virus. Le nostre richieste di chiarimento fanno riferimento a tre aspetti fondamentali: mascherine, tamponi, test sugli anticorpi» ha spiegato Sala. Tre argomenti piuttosto delicati, su cui si misurano anche le differenze di strategie sanitarie che sta adottando, per esempio, la regione gemella, ovvero il Veneto che ha deciso per esempio di eseguire tamponi i a tappeto.
Di mascherine «oggi i comuni ne ricevono pochissime: Milano ha dovuto andarsele a cercare in Cina e in altri paesi e per ora va bene. Ma chi le deve fornire? Il Governo? La Regione?» La preoccupazione del sindaco è rivolta al futuro, quando si potrà uscire e le mascherine saranno ancor più fondamentali. «La disponibilità di mascherine deve essere un diritto», chiosa.
Secondo punto i tamponi, altro tema di discussione tra la comunità scientifica e la politica. Dal 27 di marzo quanti tamponi sono stati fatti in Lombardia? A chi? In quali aree geografiche? «Poi, capiamo le difficoltà ma il personale medico e a questo punto, chi sta nelle residenze per anziani, devono essere sottoposti a tampone». Infine il test sierologico che indica la presenza de sangue di anticorpi rivelando eventuali immunità di un soggetto al Covid. Solo un paio di giorni fa l'assessore al Welfare Giulio Gallera aveva spiegato che i test sono in via di certificazione e che non appena sarà finita l'epidemia verranno effettuati su tutta la popolazione, ma il sindaco insiste, sottolineando la diversità di linea rispetto ad altre regioni. «Questi test sono stati fatti in Veneto e in Emilia Romagna, in Lombardia ancora no. Perché? Per quanto tempo? Verranno fatti e in che modalità?»
Risponde per le rime Attilio Fontana, ricordando di aver già dato queste risposte non sotto i riflettori dei media, ma nelle sedi istituzionali. Ma tant'è. «Regione Lombardia è una istituzione seria. Che agisce solo ed esclusivamente sulla base di riscontri scientifici. Ho più volte ribadito che stiamo verificando il valore effettivo di questi test rapidi a fronte delle molte perplessità sollevate dalla comunità scientifica». In governatore ha poi anticipato di aspettare i risultati delle indagini nel giro di ore: «Agiremo solo nella direzione che ci indica la scienza, e non sulle sparate di sindaci che non perdono l'occasione per fomentare la polemica».
Per quanto riguarda invece l'insufficienza di mascherine e i presidi di protezione individuale Fontana scarica la responsabilità sulla «Protezione civile nazionale
inadempiente, cui spetta il compito di gestire l'emergenza e garantire questi materiali. Oltre a ciò la burocrazia di Roma ci impedisce di utilizzare le mascherine prodotte in Lombardia già ritenute conformi dal Politecnico».
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