Mimmo di Marzio
Non c'è due senza tre. Dopo la grande retrospettiva su Giorgio De Chirico di Palazzo Reale e la bella mostra sul Japonisme al Mudec, l'autunno caldo milanese si arricchisce di un altra chicca. L'antologica su Filippo De Pisis che si inaugura oggi al Museo del Novecento è un evento da non perdere e quantomai azzeccato per la sua location ma anche per un programma espositivo che può essere davvero internazionale solo se riesce a contestualizzare in maniera vigorosa la propria storia recente. E il pittore ferrarese, unico e irripetibile nel panorama artistico del primo '900 è un grande esponente dell'arte italiana che stava ancora aspettando di essere degnamente sottolineato e valorizzato. Ed è anche giusto che a farlo sia Milano, città dove l'artista ha vissuto e lavorato durante il suo girovagare, e dove ha vissuto e operato l'indimenticata Claudia Gian Ferrari, collezionista tra i primi a valorizzarlo con la prima e ultima grande mostra in città giusto trent'anni orsono. Così la Gian Ferrari rendeva il giusto onore ad un artista fortemente lirico, amante della pittura come della scrittura, immerso nel clima del suo tempo ma sempre rimasto fedele a se stesso: «A pochi artisti - scrisse allora - è dato di poter far nascere vera e autentica poesia cavandola da altra poesia senza precipitare o meglio scivolare nella maniera. E se de Pisis non incorre mai in questo rischio lo deve certo alla sua speciale natura intellettuale, che lo rende attento e avido al museo, ma anche al dibattito culturale d'avanguardia». Il flashback è doveroso poichè mette ancor più in risalto la mostra che si inaugura oggi prodotta dal Comune di Milano (catalogo Electa) a cura di Pier Giovanni Castagnoli e Danka Giacon, conservatrice del Museo del Novecento, istituzione a cui la Gian Ferrari donò uno dei più importanti archivi su quegli artisti del secolo breve. Nell'area espositiva al pianterreno dell'Arengario sono presentati al pubblico oltre 90 importanti dipinti di De Pisis provenienti dalle più grandi raccolte italiane. Questa mostra rappresenta la più grande retrospettiva sull'artista e mette in luce le fasi salienti della sua produzione. A cominciare dagli inizi degli anni Venti in cui appare evidente il sodalizio con i fratelli metafisici De Chirico e Savinio, che certo ne influenzarono le prime nature morte, ricche di elementi enigmatici e riferimenti alla classicità.
Ben descritta è la fase successiva al 1925, quella che dà inizio al periodo parigino e che certamente subì la fascinazione di quelle avanguardie europee di stanza lungo la Senna; ma soprattutto della lezione di maestri impressionisti come Pisarro o Sisley che certo ispirarono la vivacità delle sue vedute cittadine. Le sue tavolozze essenziali, i paesaggi, come pure le nature morte e i ritratti, rappresentano tuttavia un unicum nella storia dell'arte del '900, come un immenso taccuino su cui l'artista appuntava l'anima del mondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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