Delitto Caccia, fermo «bis» per l'accusato

Dopo il pasticcio che rischia di invalidare il processo i pm provano a riparare

Cristina Bassi

Ancora sorprese (e non saranno le ultime) nella vicenda processuale sull'omicidio di Bruno Caccia, il procuratore di Torino assassinato nel 1983. Dopo la scoperta dell'errore procedurale che rischia di invalidare il processo in corso a Milano a carico dell'imputato Rocco Schirripa, quest'ultimo è stato prima formalmente scarcerato poi raggiunto da un nuovo decreto di fermo. Infine le indagini sul delitto sono state riaperte.

È successo tutto ieri nel giro di poche ore. Con una catena di provvedimenti della Procura che provano a riparare al pasticcio emerso la scorsa settimana ma che rischiano di dare origine a non poche anomalie. Tanto che il ministero della Giustizia ha incaricato gli ispettori di fare accertamenti sul caso. La corte d'Assise di Milano ha disposto la scarcerazione di Schirripa, che avrebbe dovuto lasciare la prigione di Opera dov'era detenuto dopo l'arresto del 21 dicembre 2015. Su richiesta del pm Marcello Tatangelo, che si era accorto dell'errore del proprio ufficio. La stessa Procura però ha disposto un nuovo fermo per l'imputato, che non è mai uscito dalla cella. Per i pm della Dda infatti, è possibile ricostruire la colpevolezza del presunto omicida grazie alle indagini compiute, con il coordinamento dell'aggiunto Ilda Boccassini, prima della sua iscrizione nel registro degli indagati il 25 novembre 2015. Intanto l'ufficio gip ha concesso a tempo di record la riapertura dell'indagine. Così Schirripa è sia indagato sia sotto processo per il medesimo reato.

Il gip Stefania Pepe dovrà decidere la convalida del fermo in 48 ore, mentre la Procura chiederà anche un nuovo ordine di custodia cautelare. Oggi in aula la Corte dovrebbe chiudere il processo inficiato. Un eventuale nuovo processo sarebbe istruito con presunte prove raccolte quando Schirripa non era indagato.

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