Si sgretola lentamente ma inesorabilmente, la memoria delle pagine dolorose di Milano. Si sgretola perché è fatta di carta, da milioni di fogli di atti processuali che raccontano settant'anni di drammi della città: dai delitti del secondo Dopoguerra fino alle stragi ner, alle Br, a Tangentopoli. Cinque milioni e mezzo di fogli, se si guarda solo ai processi più importanti: destinati a dissolversi irrecuperabilmente, se non si interviene trasformandoli in formati digitali. Un'opera colossale, ma che va fatta ora. Altrimenti rischia di non potersi fare mai più.
É una sorta di autobiografia noir della città, quella che ieri mattina un funzionario alto e massiccio, Umberto Valloreja, capo archivista in tribunale, porta con sé all'Archivio di Stato in via Senato. Nella sala al pian terreno, si ritrovano uomini e donne che fanno i conti tutti i giorni con il degrado della memoria giudiziaria del Paese, custodita quasi sempre in scantinati malconci dei tribunali. E che ora un progetto ambizioso punta a digitalizzare e a mettere in rete, permettendo di incrociare in una unica banca dati le tracce di vicende a volte contigue, a volte distanti: eppure anche queste unite in alcuni casi da sottili fili conduttori, come quello che lega pagine tragiche del terrorismo al mondo del crimine organizzato.
Certo, la memoria giudiziaria è diversa da quella comune, a volte sbaglia strada, e quasi sempre privilegia la ricerca delle colpe alla ricostruzione delle cause. Ma nessuno storico avrà mai il potere e i mezzi della magistratura. Tutto, o quasi, finisce nei faldoni. Allo storico starà ora leggere, interpretare, arrivare a conclusioni: magari diverse da quelle dei giudici.
Una parte dei fascicoli è già stata consegnata all'Archivio di Stato: comprende soprattutto i processi per gli ammazzamenti sommari che partigiani veri o sedicenti compivano nella Milano del 1945: e in uno di questi, l'assassinio di Marco Reina a Muggiò, compare anche per la prima volta il nome di Giangiacomo Feltrinelli, divenuto poi editore e bombarolo. Tutti questi sono in stato di degrado avanzato. Invece circa un milione e mezzo di fogli sono già stati computerizzati: ci sono la strage di piazza Fontana, il delitto Calabresi, il caso Sindona. Ma digitalizzati un po' a casaccio, nell'ordine precario in cui in cancelleria sono stati affastellati gli atti.
La gran parte dei fascicoli giace invece ancora a Palazzo di giustizia, in condizioni ancora più precarie. Per trasformarli in bytes serve qualche milione di euro.
Ne vale la pena, perché davvero c'è la storia della nazione: il processo alla vedova Gucci e quello a Bettino Craxi, il rapimento di Abu Omar e il vino al metanolo che negli ani Ottanta uccise ventitré italiani.Ora i ministeri della Giustizia e della Cultura hanno deciso di metter mano al salvataggio elettronico di questo tesoro. Ma sarà il caso di fare in fretta.
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