Diffida firmata da Mattei Il sindaco: non regge

Diffida firmata da Mattei Il sindaco: non regge

Non sta né il cielo né il terra la diffida di Macao contro un possibile sgombero indirizzata a prefetto, questore e sindaco. Il primo a prendere le distanze dalle teorie legali scritte dal collega Ugo Mattei, è proprio l’avvocato-sindaco Pisapia che ieri mattina si è trovato il testo sulla scrivania. «Mi sembra che ribalti la Costituzione, anche perché si riporta come riferimento una sentenza che ho letto e che dice tutt’altro» è lapidario.
Eppure la diffida sostiene con forza che «un intervento delle forze dell’ordine sarebbe lesivo delle prerogative costituzionali e legali». Gli occupanti puntano ad «aprire un dialogo alto sulla legittimità di nuove forme di partecipazione democratica». Peccato che a sostenerli sia l’avvocato dei No Tav. Ugo Mattei, che ha anche preso parte alle manifestazioni in Val di Susa, sposa la teoria anglosassone del bene comune. E nel calderone dei beni comuni ci mette sia le proteste contro la Tav, sia il grattacielo Ligresti, riportato in vita grazie al buon cuore dei ragazzi di Macao.
Insomma, Mattei cerca di ridisegnare il confine tra proprietà pubblica e proprietà privata e in passato ha sostenuto il referendum sull’acqua come risorsa pubblica. Ma un conto è l’acqua, un altro conto è un edificio intestato a un privato. In disuso, certo, ma non pubblico. Gli «artisti» di Macao parlano della «torre di tutti», sono orgogliosi di «un’occupazione che ha restituito il grattacielo ai milanesi». E dietro i loro slogan si nascondono le teorie dell’avvocato Mattei: «L’immobile - spiega il legale nella diffida - invece di essere ufficialmente espropriato o confiscato per valorizzarlo, adempiendo a un obbligo costituzionale della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della personalità umana». E poi ancora: «L’abbandono dell’immobile e la sua sottrazione alla cittadinanza realizza una logica abusiva di esclusione, che contrasta con le istanze di solidarietà sociale». Un testo che, poco ci manca, sembra pure dare dell’abusivo a Ligresti.

Il caso della Torre Galfa chiama a supporto vari precedenti di occupazioni: del cinema Palazzo e del teatro Valle di roma, del teatro Marinoni di venezia, del Coppola di Catania, dell’asilo della Creatività a Napoli e del teatro Garibadi a Palermo, tutti luoghi «recuperati per motivi morali e sociali alla fruizione collettiva». Ma nel caso del grattacielo Galfa c’è anche una denuncia del legittimo proprietario, che rivuole il suo stabile.

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