Cronaca locale

La banda degli albanesi controllava lo spaccio ​utilizzando pure i droni

Riprese video su un parco. E per bloccare i pusher gli agenti si fingono giocatori di basket

La banda degli albanesi controllava lo spaccio ​utilizzando pure i droni

C'era chi giocava a basket. E chi invece fingeva di giocarci, pur facendosi certe partitone che ve le raccomando. Ad esempio Stricninina, Ombra e Veleno, soprannomi di tre poliziotti del commissariato Comasina diretto dal primo dirigente Antonio D'Urso. Chiamatelo spirito d'osservazione (prima) e spirito d'iniziativa (poi) ma in quel fazzoletto di giardino tra via Oroboni e via Morlotti, a Bruzzano, la squadra investigativa del commissariato, tra un canestro e una miriade di tiri da tre punti, in poco più di 48 ore i «playmaker» sono riusciti a mettere ko un giro di droga da qualche centinaio di migliaia di euro arrestando quattro giovani spacciatori albanesi e sequestrano 18 chili di hashish e oltre un chilo di cocaina purissima. Ma non solo: in questo modo hanno creato così non pochi problemi ai «vertici», cioè a chi forniva a questi ragazzotti lo stupefacente da vendere per strada e che adesso, oltre a doversi nascondere con cura (le indagini, com'è ovvio, non finiscono qui) dovrà anche trovare il modo di far soldi sporchi altrove.

Curiosità: i pusher erano «supervisionati» dai capi che controllavano la piazza di spaccio con un drone, riuscendo così a monitorare in contemporanea tutti gli spostamenti dei loro «cavallini» insieme a quelli degli eventuali poliziotti. Uno stratagemma che poteva dare nell'occhio anche se adesso di ragazzi che giocano con piccoli droni in giro ce ne sono tanti. Un escamotage che si è ritorto contro l'organizzazione di trafficanti, perché è stato proprio seguendo quel drone gli agenti si sono messi sulle loro tracce.

Tutto è cominciato quando un gruppo di genitori si è rivolto a un parroco della zona lamentandosi che nei giardinetti dove giovano i loro figli avevano cominciato a girare delle «gran brutte facce». Il prete è andato in commissariato e quel punto sono cominciate le indagini di D'Urso e della sua squadra investigativa. Sempre grazie al basket uno di loro, in particolare, ha notato il drone che volava costantemente in zona e lo ha seguito fino al suo rientro in un appartamento della zona. Particolare determinante in questa inchiesta lampo.

Un paio di giorni dopo infatti i poliziotti hanno fermato un'auto guidata da un albanese di 27 anni che, dopo aver scambiato cenni d'intesa con altre persone nella via, è partito verso la statale Milano-Meda. In viale Enrico Fermi gli agenti hanno fermato il veicolo scoprendo che sotto ai sedili posteriori c'erano due chili di hashish suddivisi in 20 panetti. Poco dopo in via Murat, i poliziotti hanno fermato e controllato altri due albanesi di 22 e 23 anni, il più giovane aveva un cellulare capace di criptare le chiamate e un mazzo di chiavi che aprivano un appartamento proprio in via Oroboni. Al loro arrivo sul pianerottolo della palazzina un giovane si è lanciato dalla finestra del primo piano, riuscendo a scappare (ma è stato rintracciato il giorno dopo). Nell'abitazione la polizia ha trovato, oltre all'hashish e alla cocaina, due bilancini elettronici, materiale per il confezionamento della droga e un altro cellulare con il software di criptazione.

E, com'è ovvio, il drone usato per controllare la zona.

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