E i furbetti che partono nascosti nel bagagliaio

Sempre più aziende arruolano investigatori per dare la caccia ai finti malati in vacanza

E i furbetti che partono nascosti nel bagagliaio

Scene da film. C'è persino chi è sbucato dal bagagliaio a parecchi chilometri da casa e si è piazzato alla guida al posto della moglie, direzione spiaggia. Si era nascosto tra i bagagli per lasciare casa senza destare sospetti, ma è stato incastrato dagli investigatori che la ditta gli aveva messo alle spalle per catturare prove provate dell'infedeltà (aziendale). «D'estate siamo bombardati di richieste, un giorno sì e uno no ci chiamano per controllare un dipendente che a metà anno ha quasi esaurito le ferie e proroga o manda un foglio medico sospetto» racconta Valentina Tarricone, fondatrice con la sorella Valentina dell'agenzia FirstNet con sede in corso Garibaldi. Va premesso che la Lombardia è tra le più virtuose, i tassi di assenteismo sono contenuti rispetto ad altre regioni: un'indagine di Assolombarda rivelava che nel 2017 nel territorio delle province di Monza, Brianza e Lodi e della Città metropolitana di Milano ogni dipendente si fosse assentato circa 100 ore nel 2017, dodici in meno rispetto all'anno prima. La malattia non professionale era il motivo di assenza per 47 delle 100 ore, con differenze minime tra uomini (46,5 ore) e donne (49,8). Nel 2018 in generale sono state l'8,8% le donne che si sono assentate rispetto al 5,1% degli uomini. I clienti, riferisce Tarricone, «sono soprattutto grandi o medie aziende milanesi che si occupano di food, servizi bancari o del settore farmaceutico, di fronte a ripetute assenze o proroghe dei certificati di malattia sospetti decidono di intervenire, e a sollecitarli spesso sono quei colleghi su cui ricade la mole di lavoro dei furbetti». Più vanitosi che furbi a volte, visto che loro o persone vicine (moglie, fidanzata) pubblicano sui social foto mentre fanno shopping al mare. «I direttori delle risorse umane prima di avviare una contestazione cercano prove certe e inattaccabili - spiega -, e il controllo non è vietato dallo statuto, se c'è un illecito in corso ai danni dell'azienda i dossier sono perfettamente producibili in giudizio, l'importante è rivolgersi a un'agenzia che abbia la licenza prefettizia».

Agli investigatori viene richiesto un controllo attento dei social. E i vicini di casa possono diventare la migliore copertura, negando in assoluto la partenza del finto malato, o le «spie» degli 007: quando notano movimenti - e trolley - sospetti passano l'informazione. E sempre della serie scene da film, tra gli strumenti di controllo ci sono microcamere nascoste in finti nidi installati sugli alberi di fronte a casa dei dipendenti nel mirino. A Milano «in generale si assentano più le donne degli uomini e più gli operai degli impiegati». Tra i casi recenti, «persone in infortunio che nel frattempo svolgevano una seconda attività nel negozio della figlia o tantissime dipendenti in malattia da mesi che hanno avuto il coraggio di comprare il biglietto aereo per andare in ferie, senza alcun timore del controllo fiscale. Li seguiamo e produciamo foto di partite su campi da beach volley».

I casi più difficili da provare sono le assenze per depressione, non soggette agli orari di controllo: «Ci facciamo affiancare da psicologi e psichiatri - riferisce - per verificare se comportamenti e stile di vita sono compatibili con la malattia, se seguono terapie. Chi si lancia in attività in proprio dimostra ottimismo nel futuro. E quindi può rientrare al lavoro».

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