E la rivoluzione del food scopre la Cina chic

E la rivoluzione del food scopre la Cina chic

Dimenticatevi l'odore acre dei wonton fritti e delle padellate di spaghetti di soia in agrodolce che impregnano i vestiti. Miracolo dell'era Expo. La rivoluzione del food milanese ha portato una ventata di glamour e di qualità anche nella ristorazione cinese. Il merito va ad alcuni pionieri della nouvelle vague con gli occhi a mandorla che, lontanissimi dagli stereotipi kitsch di Chinatown, hanno aperto in questi mesi veri e propri templi dell'alta cucina cinese. Dove, tra design d'avanguardia e cantine internazionali, si può finalmente scoprire un meraviglioso patrimonio gastronomico, rivisitato in chiave contemporanea e in un format più vicino a quello a cui ci ha abituato il modello giapponese. I protagonisti di questa avventura sono essenzialmente due: il primo è Ike Wang, importante imprenditore della regione dello Zhejiang, fondatore a Milano dell'elegantissimo Bon Wei di via Castelvetro e del Dim Sum di via Nino Bixio 29. L'obbiettivo (centrato) è quello di presentare una cucina autenticamente cinese con nuovi accostamenti anche con vini pregiati. Non solo: quella dei dim sum, i ravioli preparati in cento ricette con farine e ingredienti di alta qualità, rappresenta ormai una moda in città simile a quella delle tapas. In un locale raffinato locale interamente progettato dal designer Carlo Samarati, la carta di Dim Sum propone una festa di piccole portate, eseguite secondo ricette tradizionali con ingredienti freschi fatti a mano da un gruppo una brigata di cuochi specializzati, che impasta e cucina rigorosamente a vista. I dim sum vengono portati in tavola nei cesti di bambù e sulle ceramiche Villeroy & Boch.

La seconda protagonista della «Cina chic» a Milano è l'affascinante Giulia Liu, originaria del sud di Shangai, che con la sua famiglia ha rivoluzionato il concetto di cucina orientale di qualità a Milano. Dopo la fortunata esperienza di «Iyo» in via Piero della Francesca (unico orientale stellato d'Italia), la Liu ha recentemente inaugurato il suo «Gong» in corso Concordia 8, un ristorante in elegante stile fashion dove lo chef Keisuke Koga (l'unico di origini... giapponesi) rivisita la cucina cinese con creatività e gusto.

«È un'idea che maturavo da molti anni; del resto l'alta cucina cinese era qualcosa che mancava in Italia, ma non certo nella grandi capitali internazionali come Londra, Parigi e Ñew York» dice la Liu, che ha studiato moda e che ha affidato al sommelier Mototsugu Hayashi la selezione dei vini scelti tra le migliori cantine internazionali. «Il mio primo obbiettivo è stato quello di creare un ristorante davvero internazionale dove le contaminazioni tra i piatti cinesi e altre tradizioni si coniugassero con una fascinazione visiva. E infatti i nostri piatti sono lungamente studiati anche negli accostamenti cromatici dai nostri cuochi che provengono da diverse regioni della Cina». Grande spazio anche alle cruditè e alle spezie, non soltanto in omaggio della tradizione giapponese «ma anche perchè a Shangai il crudo esiste da sempre».

Le contaminazioni, però, non risparmiano l'Italia e sulla carta compaiono piatti come la tartare di gamberi rossi di Mazzara con salsa di mango e la Caprese... cinese con avocado, pomodoro ramato e tofu con salsa al sesamo bianco.

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