Emozioni all'Auditorium Tre concerti sognando Rachmaninov

Dopo il successo alla Scala, ecco la pianista Zilberstein sulle orme del compositore russo

Simone Finotti

Ci ha commosso in Shine, la pellicola da Oscar che, 20 anni fa, raccontò al mondo la drammatica storia di David Helfgott, pianista australiano sprofondato negli abissi della follia. Ha consacrato mostri della tastiera, su tutti Vladimir Horowitz (memorabili le esecuzioni degli anni '30 e '40) e Martha Argerich (immortale il «live» del 1982 con Riccardo Chailly e l'Orchestra della Radio di Berlino). Ha più di cento anni il Terzo Concerto per pianoforte di Rachmaninov, ma le sue melodie toccano ancora l'anima e fanno breccia anche nel cuore dei più giovani. È il pezzo forte del 28° programma sinfonico della Verdi, in scena all'Auditorium di Largo Mahler domani (ore 20.30), venerdì (20) e domenica (16). Al piano, un nome che non teme confronti: la fuoriclasse Lilya Zilberstein, specialista moscovita che proprio con la Argerich, di recente, ha registrato una splendida Sonata di Brahms per due pianoforti. Alla direzione un altro russo, il maestro Stanislav Kochanovsky. Dopo il successo del Secondo Concerto, suonato alla Scala l'11 da Luca Buratto, dunque, prosegue il viaggio della Verdi fra i capolavori per piano di Rachmaninov con il più classico fra i suoi concerti. Completa il programma, nella seconda parte, la Sinfonia n.1 in re minore, per un concerto interamente dedicato all'artista russo naturalizzato americano.La prima Sinfonia è precedente e segna l'esordio di Rachmaninov nella composizione: scritta sullo scorcio dell'800, in occasione della prima esecuzione a San Pietroburgo (28 marzo 1897) fu sommersa da un tale nugolo di fischi da costringere il compositore a fuggire dalla sala prima delle ultime note. La tonalità drammatica, le progressive ondate dei fiati e l'accompagnamento degli archi, la modernità di alcune soluzioni compositive, che sembrano anticipare i larghi di certa musica da film (e che tornano nella più nota Seconda Sinfonia), oltre all'inserimento di motivi esotici e tzigani, non convinsero né pubblico né critica, causando a Rachmaninov una crisi depressiva che lo accompagnerà fino alla morte.

Nemmeno 15 anni più tardi, uno scenario completamente diverso segnò l'esordio del Concerto per piano n.3: alla fine del 1909, a New York, un acciaccato Gustav Mahler consegnò il Rach 3 a fama imperitura, grazie a una concertazione curata nei particolari.

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