«Il dopo Expo? La città degli emigranti»

Al primo punto del suo programma elettorale ci mette la trasformazione dei padiglioni Expo nella «città degli emigranti». Invece di smantellare tutto a fine evento e tenere «solo la struttura più brutta, il Palazzo Italia costato 100 milioni, una giustificazione per non pagare più le imposte» Vittorio Sgarbi lancia una proposta-provocazione: «Nessuna speculazioni edilizia, nuove case che nessuno comprerà: monto letti a castelli e ospito immigrati che peraltro fanno lavori che gli italiani ormai rifiutano. Forse con questo mi giocherò i voti dei leghisti...». Sgarbi ci riprova. Si era candidato sindaco nel 2006, una mossa tattica del suo entourage che gli fece guadagnare un posto da assessore alla Cultura nella giunta di Letizia Moratti (lo convinse a ritirarsi dalla sfida per evitare dispersione di voti). Licenziato da Palazzo Marino dopo 2 anni, ora sogna di tornare sulla poltrona più alta. Ieri ha presentato candidatura, simbolo e primi punti del programma. Anche se il confine tra verità e provocazione anche questa volta è sottile, e in diversi passaggi non manca di sottolineare la marcia avanti del leader della Lega Matteo Salvini, possibile uomo del centrodestra unito alle Comunali 2016. Sgarbi massacra il sindaco Giuliano Pisapia su cultura ed Expo. E fa presente come «le ricadute del 2015 a Milano non esistano, sono due mondi diversi, non c'è stata promozione degli eventi collaterali anche se i soldi pubblici per la comunicazione sono stati spesi in abbondanza». É convinto che da Milano possa partire la «rivoluzione». Il futuro sindaco «deve battersi perchè venga istituito di nuovo a Roma il Ministero del Turismo, è la nostra ricchezza». Ma «i palazzi storici qui vengono tenuti chiusi. Metà delle opere di Brera sono nei depositi, ho chiesto di esporle a Palazzo Cusani, sede dell'esercito, e ora mi dicono che non si può fare per «problemi di sicurezza». Palazzo Isimbardi? Pisapia a 66 anni si è accorto che c'è una tela del Tiepolo. Sono indizi: non può fare il sindaco uno che non conosce la città. E la gente non può vedere il Tiepolo, non può visitare Palazzo Clerici». Nel suo programma ci sono meno burocrazia e più investimenti su arte e bellezza.

Nel toto-assessori indica già Francesco Micheli, con cui ha fondato il festival MiTo. E al premier dice che «la priorità è il lavoro, dove metto i migranti, non la riforma elettorale. Milano è contro l'Italia di Renzi». Uomo avvisato.

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