Quattro passi in città diventano un percorso a ostacoli. Marciapiedi sconnessi, strade con le buche, nessun bagno pubblico (e quando pure esiste è impraticabile anche per chi ha molto meno di 60 anni), panchine scomode e sistemate in modo tale da non invitare a fermarsi per chiacchierare. L'elenco è lungo e per lo più incompleto. Dentro ci sono i mezzi pubblici, i semafori, gli attraversamenti pedonali, strutture e infrastrutture di una città per niente amica degli anziani. Ultrasessantenni che hanno un cervello attivo, l'energia e l'interesse di fare quello che facevano fino a ieri, ma magari qualche acciacco dell'età che la città amplifica fino a farlo diventare un vero e proprio impedimento. Un esempio? Spesso ormai si muovono a piedi, ma la perdita fisiologica - anche se minima - di vista e udito possono diventare due fattori di rischio ai quali si aggiunge l'inevitabile riduzione della funzione motoria. Se non sentono arrivare l'auto che sfreccia mentre sono sulle strisce e non la vedono in tempo, neanche hanno lo slancio per cavarsela in extremis. Ma nel nostro paese ancora non se ne parla. Eppure «Age friendly city» è un programma europeo. L'Italia è il secondo paese al mondo dove l'invecchiamento della popolazione corre più rapido. Prima di noi c'è solo il Giappone, che però - a differenza di noi - sta studiando. Nel 2016 ci sarà il sorpasso demografico degli anziani ma le città non sono al passo.
A buttare uno sguardo al futuro ci sta provando l'Università Bicocca con un gruppo di ricercatori finanziati dalla Cariplo che si è proposto di studiare dove e come la metropoli può davvero diventare a misura di anziano. Che non sta per malato. «Troppo spesso quando si parla di anziani si tende a affrontare il problema in termini sanitari - spiega Stefania Bandini, professore di Intelligenza artificiale alla Bicocca e coordinatrice del gruppo CSAI (Complex Systems & Artificial Intelligence Research Center) - Invece gli anziani di domani hanno un'alta scolarizzazione, useranno lo smart phone, avranno solo le disabilità legate all'età». Quello di cui davvero gli anziani hanno e avranno sempre più bisogno è di servizi di supporto per poter continuare a partecipare alla vita sociale delle città. L'esempio arriva dagli Stati Uniti. In piena Manhattan gli autobus sono dotati di ammortizzatori speciali che alla fermata si abbassano per non dover costringere chi ha difficoltà a camminare a salire o scendere il gradino. Il gruppo dell'università milanese ha fatto uno studio nella nostra metropoli rilevando che ci sono zone dove la presenza di anziani è più numerosa, come Città Studi, viale Monza e Lorenteggio. Hanno evidenziato che ci sono incroci come in viale Monza e viale Padova dove gli incidenti in cui restano coinvolti gli anziani sono più frequenti. E da qui potrebbero ripartire delle piccole-grandi innovazioni che non siano solo «aumentare gli ambulatori o le farmacie, ma anche lo stare bene al mondo e divertirsi», sottolinea Stefania Bandini. Tutto questo poi, si traduce anche in un risparmio per la spesa sanitaria. Il progetto che l'università sta portando avanti in collaborazione con Tokio prende in considerazione, ad esempio, i semafori. In Francia, grazie alle telecamere, il semaforo riconosce chi sta attraversando. Se si tratta di un anziano il «verde» dura un po' più a lungo. Dettagli, eppure fanno la differenza. Le panchine, ad esempio. «Sono dure e solitamente allineate - spiega Bandini - Dovrebbero essere più confortevoli. Specie quelle dei parchi dove gli anziani portano i nipotini. La tecnologia in questo può fare la differenza». Dovrebbero esserci i bagni pubblici. Che però dovrebbero anche essere puliti e confortevoli. Dovrebbero, appunto. I principali ostacoli incontrati dagli anziani nella vita di tutti i giorni riguardano le infrastrutture.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.