«La fiera del libro? Meglio qui Parola di scrittore milanese»

Il saggista replica alla provocazione del collega torinese Baricco. «Ridicolo pensare a due Saloni...»

Mimmo di Marzio

A lanciare il sasso nello stagno era stato, qualche giorno fa, lo scrittore torinese Alessandro Baricco sulle pagine di Repubblica: «Il Salone del libro a Rho al posto del mobile e del pomodoro San Marzano? Giammai, noi scrittori potremmo disertare la fiera...». Un provocatorio invito alle barricate che non è passato inosservato agli occhi di Gianni Biondillo, noto saggista milanese e autore di succosi gialli ambientati sotto la Madonnina, protagonista l'ispettore Ferraro. Il «campanile», suggerisce Biondillo, va benissimo come suggestivo scenario per la narrazione, ma non può diventare la scusa «per una guerra tra poveri, quale ormai sarebbe quella dell'editoria».

Biondillo, pensa davvero che i suoi colleghi - almeno i torinesi - boicotteranno il Salone del Libro a Milano?

«Mi pare francamente un po' ridicolo. Ma su una cosa do ragione a Baricco: nelle decisioni editoriali che contano, noi scrittori non veniamo mai interpellati, anzi siamo l'ultima ruota del carro. Un esempio? Dalle fiere alle presentazioni ai convegni: gli unici a non prendere mai un gettone di presenza siamo noi. Vengono pagati i presentatori, i moderatori, i relatori, ma non gli scrittori».

Forse venite ricompensati dalla vostra autopromozione...

«Ma no, è che in Italia passa sempre il principio che la cultura dev'essere gratuita».

Tornando al Salone, pensa anche lei che spostarlo da Torino a Milano sia un sacrilegio come spostare la Festa del Santo Patrono?

«Ma per carità, questa santificazione del Lingotto mi pare una forma di snobismo assolutamente fuori luogo. Una fiera è una fiera e deve anzitutto muovere il mercato che, per quanto riguarda il libro, è ahimè asfittico. Se devo dirla tutta, non ho mai amato il Salone di Torino, ho assistito a presentazioni deliranti e non credo neppure a questi grandi numeri in termini di visitatori».

Baricco insiste sul valore evocativo di Torino e del Lingotto, «simbolo della cultura che si incontra con quello del lavoro»...

«Figurarsi. Stiamo parlando di una fiera in cui il pubblico deve pagare il biglietto per comprare dei libri senza neppure lo sconto. Ma quale cultura, questo è un settore in crisi in un Paese sempre più ignorante. Diciamo allora che, se vogliamo parlare di mercato, la città simbolo dell'editoria è al 90 per cento Milano. Quello che mi pare assurdo è che i protagonisti se ne siano accorti solo adesso».

Le avvisaglie per la verità c'erano già state, pensi al successo di iniziative come Bookcity e alla miriade di festival, da quello degli editori indipendenti al libro usato.

«Già, Bookcity: 4000 eventi in quattro giorni, ci vorrebbero quattro vite per seguirli tutti. Milano, per tradizione, ama essere un po' spaccona...».

Il Comune di Milano e gli editori hanno promesso anche in questo caso un ricco «fuorisalone» cittadino.

«Staremo a vedere quale sarà lo spirito che animerà questo fuorisalone. Una cosa è certa: a Torino non ho mai percepito un gran coinvolgimento nè della città nè degli scrittori durante il Salone».

Forse Baricco è un po' geloso della città in cui ha fondato la sua scuola Holden...

«Ma è un campanilismo sabaudo che non serve a nessuno, come l'idea di avere due fiere del libro, una a Milano e una a Torino, a solo un'ora di treno di distanza. Follia pura, come avere i due hub di Malpensa e Fiumicino.... Vero è che gli scrittori di Torino sono bravi a fare lobby, quelli di Roma pure, mentre noi a Milano non ci frequentiamo, quasi non ci conosciamo. Mi è più facile incontrare un collega milanese al Festival della Letteratura di Mantova che qui in città. Da noi non ci sono mafiette, è vero, ma è pure sbagliato non fare gruppo».

A proposito di Milano. Prima delle elezioni ebbe una polemica con Pisapia che ha accusò di aver abbandonato le periferie. Cosa si aspetta da Beppe Sala?

«Io mi vanto di essere uno spirito libero e ho giudicato criticamente tanto la Moratti quanto Pisapia.

Sala? Anche lui ha speso tante parole per le periferie e le case popolari, ha addirittura riunito la sua prima giunta al Giambellino. Vedremo se manterrà le promesse oppure farà come quelli che si iscrivono in palestra e ci vanno solo per un mese. Io lo aspetto al varco».

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