In migliaia hanno atteso al freddo e sotto la pioggia per poter rendere l'ultimo saluto al grande oncologo - scomparso mercoledì nella sua casa alla soglia dei 91 anni - che è entrato nella vita di tante, tantissime famiglie. In particolare delle donne che grazie alle sue cure, al suo sostegno, ai suoi sorrisi e alle sue carezze hanno potuto andare avanti e superare la malattia. Tanti anche i personaggi del mondo dello spettacolo e della politica, che hanno avuto il privilegio di conoscerlo, di condividere battaglie e ideali, o di essere curati da lui e tanta gente comune, che ha rivisto la luce grazie alle sue terapie innovative, alla nuove cure, e al suo costante sostegno.
Occhi rossi, lacrime che rigano le guance, abbracci, i milanesi hanno voluto circondare di affetto la grande famiglia di Umberto Veronesi, 7 figli e 15 nipoti «per ora» come ricorda Elena, la figlia di Paolo, oncologo. Tanti i fiori, rose in particolare che le sue pazienti hanno lasciato sul feretro, tante le parole commosse, gonfie di gratitudine e del ricordo di un dolore sopito, impresse sui quattro quaderni dalla copertina blu sistemati all'ingresso della sala Alessi. «Avevi salvato la mia mamma, quando nel 1978 un tumore maligno al seno era considerata una condanna a morte». «Grazie per aver assistito al massimo di allora mia sorella». Storie di donne interrotte, istantanee di chi per mesi ha visto la morte in faccia, di chi è precipitato per poi risalire. «Grazie professore per la seconda vita donata alla mia mamma». «Grazie per aver messo al centro della malattia la donna». «Grazie. Con il figlio paolo mi avete regalato 16 anni di vita». «Grazie per tutto quello che ha fatto per l'umanità». Donne e uomini, madri e figlie, mariti che hanno conosciuto una seconda vita e che non potranno mia essere abbastanza riconoscenti per quel dono fatto da chi non ha mai creduto in un'altra vita. «Non posso dirti buon viaggio, perché non ci hai mai creduto» le parole che chiudono la lettera di un figlio, Paolo (Veronesi) al padre.
Così la casa dei milanesi, che ospitò anche i funerali del sindaco Aldo Aniasi, ha visto sfilare centinaia di cittadini, donne, anziani, giovani che hanno seguito la cerimonia dai maxischermi allestiti nel cortile d'onore e in piazza Scala. È ai giovani come lei che si rivolge la nipote Elena, ripercorrendo le parole che il nonno ha voluto lasciare ai suoi nipoti e alle future generazioni: «Non ho lezioni di vita da dare: ho molto pensato e ho concluso che il mestiere dell'uomo sia pensare e creare coscientemente un mondo libero. Ai giovani medici e a tutti i giovani dico: abbiate il dubbio come metodo. Siate dubbiosi e trasgressivi e andate oltre le regole e i dogmi. Senza il dubbio non avrei contribuito alla lotta contro il cancro. Mi si chiede se nella mia lunga vita ho trovato un senso: forse il senso non c'è ma passiamo la vita a cercarlo. L'importante è cercare, non sapere. Combattete contro l'ignoranza».
La moglie Sultana detta Suzy Razon, pediatra oncologa, «donna di una forza straordinaria», come ha ricordato la nipote, segue il feretro sorretta dall'amica Emma Bonino, compagna di tante battaglie, e dalla regista Andree Ruth Shammah, che fu curata dall'oncologo. Dietro lei la grande famiglia, i figli e i nipoti, accolta in un caldo abbraccio dai milanesi e da uno scroscio di applausi.
Perché «noi siamo di passaggio, e dobbiamo fare spazio agli altri».
MBr
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