Formigoni riunisce i suoi fedelissimi «No a un altro partito, ma rinnovato»

«Non vogliamo dare vita a un altro partito ma a un partito nuovo=rinnovato, aperto, democr, che si chiami PDL o Forza It vedremo». Nei 140 caratteri di Twitter c'è tutta la sintesi dell'attuale mappa politica di Roberto Formigoni, negli ultimi giorni indubbiamente uno dei protagonisti della scena politica nazionale. Una ribalta che però, secondo suo antico costume, non lo porta assolutamente a trascurare il suo feudo lombardo, mai come in questi tempi agitato da lotte intestine nel Pdl o già Fi. Ecco perché ieri pomeriggio ha chiamato a raccolta l'anima ciellina del partito per tirare le fila di una Lombardia che ancora una volta diventa un laboratorio per il futuro del centrodestra. E così dopo i venti di scissione e la minaccia di costruire un centro non più berlusconiano, ora il decalogo prevede di seppellire l'ascia di guerra. «Non dobbiamo far l'errore - spiega un uomo molto vicino a Formigoni - di organizzare qualcosa contro qualcuno». Ma ciò non toglie, sottolinea un colonnello ciellino facendosi interprete dell'ultimo verbo di Formigoni, che «pretendiamo lo spazio che ci spetta all'interno di un partito che deve essere sempre più il risultato di iniziative che vengano dal basso e il cui organigramma sia il frutto di congressi e primarie». Al centro dell'incontro di ieri anche il clima piuttosto avvelenato all'interno del consiglio regionale dove a scricchiolare sono i rapporti con il vice governatore e coordinatore regionale Mario Mantovani e con il co-capogruppo Claudio Pedrazzini. «Occorre un rapporto più stretto anche e soprattutto con il capo delegazione - ha attaccato ieri il capogruppo Mauro Parolini riferendosi ovviamente a Mantovani in un'intervista ad Affaritaliani.

it - Un chiarimento, in questo senso, è necessario». E sullo sfondo ci sono le guerre nel Pdl e con la Lega per due riforme ormai alle porte e che stanno particolarmente a cuore ai formigoniani: l'Aler e la sanità lombarda.

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