Le frasi Il tema di quest'anno è nutrire la città del futuro attraverso la creatività

Si fa presto a dire Fuorisalone. Gilda Bojardi, la direttrice di Interni magazine che 25 anni si fece promotrice con la sua guida dei primi eventi corollario del Salone del Mobile, assiste ai ritocchi finali dell'ultima sfida. Palcoscenico della sua mostra, quella che porta in città i guru mondiali del design, dell'architettura e dell'arte, saranno ancora una volta i chiostri dell'Università Statale. Il titolo, perfettamente in linea con l'Expo alle porte, è «Feeding new ideas for the city», nutrire nuove idee per la città.
Dopo un quarto di secolo la città è cambiata tanto, anche grazie al Fuorisalone. Ora di che nutrimento ha bisogno?
«Il nutrimento che mi sta a cuore è quello della creatività e dell'inventiva. E infatti il programma di quest'anno - ma ancor più quello dell'anno prossimo - è di trasformare il Fuorisalone in un laboratorio creativo dando sempre più spazio non soltanto alle installazioni, ma anche ai convegni e ai dibattiti con i grandi protagonisti: da Libeskind a Fuksas, da Marina Abramovic a Morits Waldemeyer».
Sede di quest'anno, oltre alla Statale, sarà anche l'Orto Botanico. Quale sarà il tema centrale su cui dibatteranno i grandi progettisti?
«L'obbiettivo è quello di trovare soluzioni e risorse per la città del futuro, in un momento storico cruciale come quello odierno e con un focus puntato sugli argomenti di Expo. I grandi esperti tracceranno scenari e gli artisti tradurranno il proprio sentire attraverso mostre e performance. Nutrire il pianeta vuol dire analizzare la relazione degli uomini con la Terra e i legami tra l'innovazione tecnologica e la sostenibilità».
Rispetto a 25 anni fa, quali sono oggi le tendenze più acclarate e i Paesi che meglio le interpretano?
«Il panorama è cambiato notevolmente nel bene e nel male, e pure la geografia. I designer oggi puntano decisamente all'ecosostenibilità e alla ricerca di nuovi materiali, mentre la produttività guarda sempre più al riciclo e alle risorse a chilometro zero. Paesi come la Turchia, la Cina e il Brasile sono senz'altro da considerarsi la nouvelle vague della progettazione. Il Paese sudamericano in particolare è il competitor numero uno per le nuove produzioni artigianali: un segmento per noi improponibile sotto il profilo dei costi».
E l'Italia dunque?
«Il Belpaese resta il bacino principe per l'innovazione tecnologica. Il made in Italy resiste alla crisi e, malgrado il crollo del mercato interno, ha aumentato la sua penetrazione nel mondo. Le aziende che hanno resistito oggi sono in attivo».
Merito anche della Settimana milanese?
«La kermesse di aprile costituisce un momento centrale per i progettisti di tutto il mondo, Milano diventa un crocevia non soltanto di business ma anche di idee e di scambi culturali. La mostra di Interni vuole avere il compito di trasferire questo dibattito alla realtà del grande pubblico».
La città come ha reagito in questi anni?
«Molto bene direi, perchè ha contribuito a diffondere la cultura del progetto. Interi quartieri - penso a Tortona o a Lambrate - sono stati risanati e sdoganati dalla loro identità periferica. I cosiddetti distretti del design hanno di fatto trasformato la metropoli in un museo a cielo aperto».


E le istituzioni?
«Giudico positivo il fatto di contribuire al grande happening con le aperture straordinarie dei musei, ma resta la grande spina nel fianco degli alberghi. Chi, se non il Comune, può calmierare queste tariffe selvagge?».

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