Cent'anni. Forse quel che fa del Camparino semplicemente «il Camparino» è questione d'eleganza. E non è un caso che a tagliarlo così sia stato un sarto. Un diciassettenne partito da Andria per Milano nel 1922 dove in corso Vittorio Emanuele dal noto Bressan gli chiesero cosa sapesse fare. «Maniche e collo» rispose. Ma a fine giornata gli spiegarono che essere sarto a Milano era un'altra cosa. Lui se ne andò, promettendo però che lì sarebbe tornato. Guglielmo Miani aprì un negozio dove confezionava in 12 ore un impermeabile su misura, trench coats sulla moda anni Trenta. Gabbiano lo voleva chiamare, ma alla straniera. Col Fascismo non si poteva e allora chiese al parroco com'era il gabbiano in latino. Larus , era nato il marchio che ancor oggi è Larusmiani e Guglielmo, commendatore due volte (una per nomina dal fraterno amico Totò prima di quella ufficiale) buttava personalmente i suoi volantini pubblicitari dall'aereo su piazza Duomo. Suoi clienti erano Filippo d'Edimburgo, Charlie Chaplin, Buster Keaton.
Nel 1867 all'inaugurazione della Galleria fu Gaspare Campari ad aprire il bar Campari e nel 1915 il figlio Davide inaugurò di fronte il Camparino in stile Napoleonico. Negli anni Venti il restyling Liberty a cui tanto tiene Teresa Miani, la figlia di Guglielmo che con il marito Orlando Chiari oggi lo gestisce. Perché fu proprio il papà Guglielmo a rilevare il Camparino negli anni Sessanta «per restituirgli il prestigio di un tempo, quando lo frequentavano Verdi e Puccini». Ma anche Boito. Illica e Giacosa che vi ospitavano Gabriele d'Annunzio. I Futuristi, i pittori Novecento, Carlo Carrà, Carlo Cattaneo, Turati e la Kuliscioff, Benito Mussolini ancora socialista e presto fascista. Negli anni Venti la soprano giapponese Tamaki Minura sorseggiava un Campari con seltz prima di diventare Madama Butterfly alla Scala. E Mikhail Gorbaciov fu stregato da un cuore nella schiuma del cappuccino.
Oggi il Camparino festeggia il suo secolo con «I volti dell'aperitivo» (www.campari.it), foto di personaggi autografate e serata vip tra gli arredi art nouveau di maestri del Liberty come il bancone di Eugenio Quarti, i ferri battuti di Alessandro Mazzucotelli, i mosaici con fiori e uccelli esotici di Angelo D'Andrea. I manifesti originali di Fortunato Depero che con i futuristi capì che l'arte poteva essere pubblicità, Marcello Dudovich, le poesie di Carlo Porta alle pareti e i capolavori del maestro Ugo Nespolo. Con i camerieri nelle impeccabili giacche bianche.
Perché quando alla signora Teresa che mette nei vasi i fiori raccolti insieme a Orlando nella casa di Menaggio qualcuno provò a proporre delle giubbe rosse in omaggio al Campari, si trovò di fronte a un invalicabile «no». Le giacche devono essere bianchissime, devono andare in lavatrice ogni giorno. «Il cliente vuole assoluta pulizia e io voglio che il Camparino sia perfetto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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