«E a noi chi ci paga?». Tra le tante domande che aleggiano sull'emergenza da Covid-19 c'è quella, prosaica ma comprensibile, delle centinaia di dipendenti comunali sospesi d'autorità dal servizio con il provvedimento che chiudeva scuole, musei e altri luoghi di aggregazione. Per i nidi e le materne, questa settimana il taglio ha riguardato solo tre giorni, perché da giovedì era prevista la chiusura di Carnevale. Ma sulla copertura salariale dei tre giorni, e soprattutto degli altri giorni di chiusura che dovessero venire disposti la categoria delle maestre si interroga e preme sulle organizzazioni sindacali, alla ricerca di risposte chiare che a quanto pare finora non sono venute.
Dallo staff dell'assessore al personale Cristina Tajani arriva ieri una risposta tranquillizzante: «Si tratta di una sospensione dal servizio per cause di forza maggiore, sia nel caso dei dipendenti comunali residenti nella zona rossa del Lodigiano sia degli addetti a quei settori, come i servizi per l'infanzia, di cui è stata disposta la chiusura. Pertanto i dipendenti verranno regolarmente pagati, come se lavorassero». Maestre tranquille? Non tanto. Perché qualche passaggio della comunicazione tra assessorato e sindacati non deve avere funzionato, tant'è vero che ancora ieri sui social network le educatrici si scambiavano messaggi allarmati sul trattamento economico dei giorni di assenza. Al punto che una dirigente sindacale ha postato un comunicato secondo cui solo oggi il governo nel secondo decreto sul coronavirus intenderebbe garantire il salario ai dipendenti pubblici sospesi dal servizio. Un annuncio che anziché placare le ansie ha finito con alimentarle. Ci sono maestre che temono di dover lavorare a luglio per recuperare i giorni persi, altre che temono di dover ricorrere ai pochi permessi previsti dal contratto.
All'ansia salariale si accompagnano le preoccupazioni per la propria salute nel caso che, prima o poi, gli asili comunali vengano riaperti e il personale si trovi a contatto con i piccoli utenti e con i loro nonni e genitori. Sulla pagina Facebook delle maestre piovono richieste: le principali riguardano la fornitura di disinfettanti e mascherine. Ma c'è anche chi sottolinea i rischi inevitabili connessi all'età degli utenti: in una scuola media o in un liceo si può raccomandare agli studenti di mantenere distanze di sicurezza con i compagni, ma come si può convincere un bambino di tre o quattro anni a stare lontano dagli amichetti? Il timore è che le classi si trasformino in un cocktail di bacilli in cui tutelare la sicurezza di grandi e piccoli diventa impossibile. «Se rientro al lavoro - scrive una maestra - non posso tenere a distanza i bambini, che, anche fossero sanissimi, provengono da casa loro, sono stati ovviamente toccati, manipolati, baciati dai loro genitori...
noi, se la mattina in accoglienza occorre prenderli in braccio, ci avviciniamo tantissimo agli adulti che li accompagnano...». Per questo, nonostante le preoccupazioni per lo stipendio, la maggior parte delle maestre preme perché nidi e materne restino chiuse fino a quando non sarà possibile riaprirle in piena sicurezza.
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