IL GIORNO DELLA PRIMA

A Mantova, il giorno prima, era stato un bagno di folla. Ma a Milano il giorno della Prima scaligera ha tempi e rituali tutti suoi: e poi la serie di impegni istituzionali che attendevano Giorgio Napolitano prima dell’appuntamento con la fosca saga di Don Giovanni era tale da lasciare ben poco tempo per quella passeggiata che il presidente della Repubblica avrebbe voluto fare in una città che, a dispetto del clima attualmente insalubre, occupa una parte importante del suo cuore.
Così la giornata milanese del capo dello Stato si è consumata tutta nel triangolo di poche centinaia di metri: la visita alle Gallerie d’Italia, il nuovo museo dell’Ottocento; la pausa al «de Milan» di via Manzoni; l’ingresso alla Scala, alle 17,51, dove lo aspettavano gli applausi dei cittadini.
Che a Napolitano guardassero in tanti, lo si è capito bene poco dopo, quando in teatro è stato eseguito l’Inno di Mameli, e subito dopo il grido «evviva il Presidente» di uno spettatore è stato ripetuto dalla platea in modo quasi corale. Nell’intervallo, la promessa di un faccia a faccia con l’inquilino del Quirinale è stata ottenuta dai lavoratori del teatro, da tempo in lotta contro i tagli.
La giornata del Presidente era iniziata di buon mattino quando si era presentato, addirittura in lieve anticipo, alla prima tappa della sua visita milanese: le Gallerie d’Italia, il museo di Intesa San Paolo di piazza Scala, la grande collezione dell’Ottocento italiano ospitato da Palazzo Anguissola. Ad accoglierlo insieme ai vertici della banca - tra cui Giovanni Bazoli e Giuseppe Guzzetti - c’era anche l’arcivescovo Scola e i numeri 1 dei tre enti locali, ovvero il sindaco Giuliano Pisapia, il presidente della Provincia Guido Podestà e quello della Regione Roberto Formigoni.
Di temi politici da discutere ce ne sarebbe stato più d’uno, e non a caso sia Formigoni che Podestà sono stati bersagliati dalla stampa di domande a tutto campo, dai tagli alle Province alle misure antismog: ma Napolitano ha invece concentrato la sua attenzione proprio sulla raccolta della nuova Pinacoteca, di cui ha ammirato la qualità non solo delle opere esposte ma anche dell’allestimento: «Una meravigliosa realizzazione che arricchisce Milano e tende a farne una grande capitale culturale».
Subito dopo c’è stato il lungo incontro a porte chiuse con i vertici di Intesa, dopodiché Napolitano si è trasferito al «de Milan», l’albergo di via Manzoni dove morì Giuspepe Verdi e che è stata la sua base nella giornata di ieri. E qui è arrivato il momento di parlare di politica, perché Guido Podestà - che con il capo dello Stato ha una dimestichezza nata negli anni in cui entrambi erano europarlamentari - ha sottoposto al Presidente uno studio dell’Università Bocconi per scongiurare la quasi-soppressione delle province prevista nella manovra economica del governo Monti.

«Da questo studio - aveva preannunciato poco prima Podetà ai cronisti - si evince che le Province costano ai contribuenti italiani due caffè a testa all’anno».
Dei contenuti dello studio sulle Province, pare che Napolitano abbia poi parlato anche con il presidente del Consiglio, Mario Monti.

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