«Giovani soli e famiglie a pezzi ma Milano è addormentata»

«Giovani soli e famiglie a pezzi ma Milano è addormentata»

«Quando sono arrivato qui, nel 1979, Milano era terrorismo, droga, turbolenza politica. Nel contempo era una città capace di una progettualità d’apertura europea, un centro di pensiero che sapeva combattere, che aveva le spalle del guerriero. C’era un cardinal Martini forte, vivificante. Ora la città dorme. Sembra in una condizione d’attesa senza fine. Di cosa? In questa atmosfera ottundente a volte mi chiedo: chi sono? Chi sono? Non so più neppure io chi sono. Un uomo che continua a sperare nell’uomo e che cerca di curarlo applicando cerotti sulle ferite».
Don Antonio Mazzi, il presbitero che ha preso gli occhiali, cioè il modo di scrutare oltre il vedibile, da San Giovanni Calabria non può lasciare la presa, mai. Classe 1929, non s’arrende in questo centro urbano senza umanità, che continua a rilanciare una consunta logica di denaro per credersi unico ed efficiente, rosicchiato ormai nei suoi splendenti smalti di un tempo quando, invece del soldo spicciolo, aveva un progetto economico, culturale, politico.
Nel suo ufficio al parco Lambro dove sta preparando la nona edizione del «MyLive Exodus», una festa di giochi, concerti, laboratori di magia che prenderà tutto il prossimo fine settimana, don Mazzi confessa di sentirsi sopra un’arca di Noè dove spera di salvare almeno qualche «animale» - un essere con l’anima, ndr - che ancora si degni d’avere una coscienza.
Come si chiama oggi la droga di Milano?
«Solitudine. In mezz’ora ho ricevuto cinque mail: grida disperate che chiedono soccorso. Ne leggo una. «Ho una figlia di diciasette anni. So che si concede facilmente a uomini e donne. Ha già fatto un aborto, ora è incinta un’altra volta e ne vuole fare un altro. Mi aiuti». Ecco: Milano non è più giovane, perché i suoi giovani si suicidano minuto dopo minuto in un’esistenza priva anche di una briciola di valori. Per dimenticare questo vuoto si stordiscono con gli alcolici».
Che sono peggiori dell’eroina o di altre nuove sostanze?
«Certo che sono peggiori, perché purtroppo dell’alcol non si ha paura. Fanno parte della nostra cultura, si dice. Ma quando un’adolescente va avanti a bicchieri di birra, a poco a poco si trova alcolizzato, la più perfida delle tossicodipendenze perché si insinua muta sotto una subdola apparenza di normalità».
Una Milano da bere che invece si fa bere dalla stanchezza di vivere?
«Una città che ha perduto i colori, direi, e che va avanti in modo grigio, fumoso, in mezzo a una nebbia di idee dove vivacchiano un po’ tutti, soprattutto i figli. Questo mi spaventa. Milano non ha più oratori, non intesi in quanto spazi religiosi ma luoghi in cui una volta l’adolescenza cresceva in gruppo come i fiori e giocava, e pensava, e coltivava sentimenti quali l’amicizia. Ora la famiglia è sfasciata, i luoghi di incontro non esistono più, se non quelli in cui ti mostri con un bicchiere in mano, e il ragazzino soffoca di solitudine».
Sta parlando di zone come Rozzano?
«No, dell’intera città. Il grigiore non si classifica, entra in ogni stanza anche in quelle dei quartieri alti del centro storico, dove i batteri della solitudine colpiscono in modo anche più violento, ma dove tutto viene messo a tacere. Abbiamo sette università. Da lì un tempo usciva il movimento studentesco, oggi cosa esce? Esseri violenti che spaccano vetrine e tutto quanto trovano cercando di placare una grigia rabbia».
Colpa della politica, come dicono alcuni?
«Ma per favore, ma per favore, smettiamola di dare la colpa alla politica che ormai non esiste da almeno trent’anni e non per demerito di Silvio Berlusconi, per ignavia di tutti quanti noi. In questo trentennio dov’era Rosy Bindi? Si occupava dei soldi della Margherita?».
Siamo condannati a perdere?
«No, ma dobbiamo smettere di guardare solo alla politica dell’euro. Dobbiamo smettere di combattere solo per guadagnare più di mille euro al mese perché altrimenti ci sentiamo dei coglioni. Può essere questo, lo stipendio, il metro su cui sentirci uomini? Ripartiamo dall’amore per i nostri figli.

Milano, che è sempre stata la città trainante d’Italia, deve avere l’ardire di fondare un nuovo Umanesimo che non è lo sterile culto dei consumi, perché con i consumi l’uomo si consuma, non fiorisce, non ha concime, non trova la sua vera anima».

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