Cronaca locale

Gita di "passione" a Mantova tra l'arte e la buona tavola

Riti del venerdì santo e pranzi pasquali nella capitale dei Gonzaga dai menu di magro a quelli con la carne

Gita di "passione" a Mantova tra l'arte e la buona tavola

Un weekend di Pasqua a Mantova, città in cui si respira ancora la grande tradizione della corte dei Gonzaga, aperta alle arti, alle lettere, alla gran tavola, non può non partire dai riti del Venerdì Santo alla concattedrale di Sant'Andrea. La basilica, realizzata dal 1472 su progetto di Leon Battista Alberti, è uno dei maggiori capolavori dell'architettura rinascimentale. Vi è sepolto Andrea Mantegna (1431- 1506) e nella chiesa ammiriamo opere dell'artista stesso (La Sacra Famiglia e la Famiglia del Battista), del Correggio, di Giovanni Maria Viani, di Giulio Romano e Rinaldo Mantovano. Qui sono contenuti i «Sacri Vasi» con il sangue di Cristo. Longino era il soldato che trafisse con una lancia il costato di Gesù Cristo. Dalla ferita uscirono sangue e acqua che, cadendogli sul volto, gli guarirono gli occhi ammalati. Longino, convertitosi, raccolse il sangue di cui era intrisa la terra ai piedi della Croce, lo custodì con la spugna che era servita per dare da bere a Cristo e con essi arrivò a Mantova dove subì il martirio nel luogo dove ora sorge la chiesa del Gradaro. Il pontefice Leone III, accompagnato dall'imperatore Carlo Magno, ne stabilì l'autenticità.

Ogni anno, nel pomeriggio del Venerdì Santo, i forzieri, custoditi da una cassaforte nella cripta, vengono aperti con 12 chiavi. I «Sacri Vasi» sono posti ai piedi del Cristo crocefisso nel lato sinistro dell'abside. Qui ricevono l'omaggio del popolo. Infine dopo una breve processione in città, le reliquie vengono riposte nuovamente nei forzieri.

A Mantova alto e basso, sacro e profano, Fede e gola si intrecciano. Ora di cena. Dai Ranari, essendo Venerdì Santo, evitiamo la carne. Scorpacciata di tortelli di zucca, nati proprio per l'esigenza del mangiar magro di venerdì. Per la notte scendiamo all'hotel Broletto, nella zona pedonale tra piazza Erbe e Palazzo Ducale, comodo per girare la città a piedi.

Colazione al Caffè Borsa Antoniazzi, avvolti dal fragrante aroma del caffè, con cappuccino e brioche appena sfornata, o una fetta di torta, prima di avviarci attraverso le belle strade del centro di Mantova verso Palazzo Te. Qui, «fuor della porta di San Bastiano» venne il Marchese Federico II con l'architetto Giulio Romano. «Disse il marchese che avrebbe voluto, senza guastare la muraglia vecchia, accomodare un poco di luogo da potervi andare ridurvisi al volta a desinare, o a cena per ispasso» racconta il Vasari. Ora «l'ispasso» è di quanti visitano uno dei più famosi musei italiani per una delle mostre temporanee, per quelle permanenti o per ammirare la struttura in sé.

Il nostro pranzo è previsto da Bice la Gallina Felice che rende ilare anche il Viaggiatore Goloso con il suo leggendario tagliere dei salumi (coppa, salame, spalla cotta, polenta, ciccioli e sottoli) con la faraona ripiena di ricotta e pomodori secchi con sformatino alla pappa al pomodoro. Dessert? Il bussolano, dolce popolare, con zabaione e crema di cioccolato, o la mitica sbrisolona.

Rinfrancati, eccoci di fronte a Palazzo Ducale, dal 1308 residenza dei signori di Mantova, prima dei Bonacolsi e poi dei Gonzaga, fino al 1707 quando l'ultimo Duca, Ferdinando Carlo, tacciato di fellonia, viene costretto all'esilio. E arrivarono gli Asburgo.

Sabato sera a Mantova. Immancabile il rito dell'aperitivo del bar Caravatti, ottenuto dall'infusione di erbe e spezie nel vino, tra le altre genziana, artemisia, ibisco. Oppure viriamo su uno spuntino con i risini, cialda di pasta frolla ripiena di crema di riso e latte, l'immancabile sbrisolona e la torta di tagliatelle.

L'ultimo scorcio di Mantova è in piazza D'Arco, nel palazzo che racconta la storia delle famiglie patrizie con mobili, suppellettili, armi, arredi, stampe, libri, strumenti musicali. Straordinaria la collezione di dipinti della Quadreria. Ebbri di tanta arte, di tanta storia, finiamo, gonzagamente, alla grande al Cigno, la trattoria della famiglia Martini, uno dei ristoranti del cuore del Viaggiatore Goloso. Con la potenza della tradizione: agnolini di carne in tazza col vino rosso (sorbir); salame all'aglio; nervetti di vitello caldi spadellati con fagiolini, burro e grana; tortelli di zucca; risotto alla pilota; luccio in salsa. E la reinterpretazione dell'insalata Stefani: petto di cappone tiepido in agrodolce con insalatina.

Buon appetito e buona Pasqua.

Commenti