La prima giunta: 106 delibere e braccio di ferro con la Lega

E adesso tra la Lega e Roberto Formigoni è davvero muro contro muro. La grande alleanza del centrodestra che dopo il divorzio a Roma per l'appoggio del Pdl al governo Monti in Lombardia resisteva, sembra essere andata in pezzi. Perché al governatore non è proprio andato giù il voltafaccia del Carroccio che dopo l'arresto dell'assessore Domenico Zambetti accusato della compravendita di voti con le cosche della 'ndrangheta, ha preteso l'azzeramento della giunta. Come a Formigoni non sono piaciute l'immediata candidatura di Roberto Maroni alla sua successione e l'ostruzionismo alla sua voglia di andare al voto immediatamente. Magari già prima di Natale, prima che il centrosinistra si riesca a organizzare.
Ruggini accumulate nelle ultime frenetiche settimane e che finalmente ieri son saltate fuori. L'occasione è la seconda convocazione della nuova giunta che nelle intenzioni di Formigoni sarebbe dovuta essere anche l'ultima prima dello scioglimento del consiglio regionale. Nell'ordine del giorno ben 129 delibere, non proprio una normale mole di lavoro. Ed ecco la Lega pronta a mettere i primi paletti e il capogruppo Stefano Galli che parla di nuovi assessori pronti a «votare una serie di oggetti fondamentali senza nemmeno avere avuto il tempo di rendersi conto del piano in cui stanno di Palazzo Lombardia». Mentre da sinistra Luca Gaffuri (Pd) dice che «sarebbe inopportuno se Formigoni pensasse di usare questa giunta transitoria, composta da assessori per buona parte alle prime ore in Regione, per approvare provvedimenti impegnativi per gli anni prossimi o per distribuire prebende elettorali».
Fonti della Lega raccontano dell'opposizione del vice presidente Andrea Gibelli che avrebbe consentito il varo di soli 106 provvedimenti, pretendendo meno fretta e il rinvio della discussione di alcuni punti, tra cui nomine, il piano delle alienazioni degli immobili regionali per il 2013, l'accordo di programma per l'ex area Alfa Romeo di Arese e disposizioni relative alla sanità. Una ricostruzione non condivisa da Formigoni. «A me non risulta affatto - smentisce - Vi assicuro che ero presente in carne e ossa» e inoltre «le proposte di rinvio sono del presidente». Il problema, spiega, è che se non avessimo approvato, «i soldi già pronti sarebbero rimasti nel cassetto fino alla nuova giunta e in questi tempi di crisi a soffrire sarebbero state imprese e cittadini». Anche se fra i provvedimenti rinviati a oggi ci sarà il documento contabile che dovrà tener conto dei tagli imposti da Roma. «Sarà un bilancio di guerra - anticipa Formigoni -, la guerra che ci è stata dichiarata dal governo Monti».
Sul fronte della riforma della legge elettorale che approda oggi in consiglio, lo stesso Galli assicura che non ci saranno barricate, ma semplicemente la presentazione di diciannove modifiche al testo. Nessun ostruzionismo per allontanare la data delle urne, anche se da sempre i lumbàrd sono favorevoli all'accorpamento di regionali e politiche in un election day ad aprile. Il che non significa che lo scontro sia meno aspro. «Nessuna polemica su date, tradimenti o 'ndrangheta. Basta - attacca nuovamente il segretario lombardo della Lega Matteo Salvini - Ma quando Formigoni dice che non ci sono soldi per abbassare i ticket che i lombardi pagano sui farmaci, dice una cavolata.

I soldi ci sono e la Lega dimostrerà anche dove: non è una vergogna chiedere in Lombardia 2 o 4 euro per ricetta a pensionati che non arrivano a mille euro al mese? Basta limitare un po' certi tipi di spese e i ticket si riducono».
Oggi alle 9,15 è convocata la giunta e alle 10 il consiglio regionale. (Forse) l'ultimo dell'era Formigoni.

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