Grande festa in città Ma poi anche le risse

Castello e Duomo invasi dagli spagnoli Un tifoso ferito con i cocci di bottiglia

(...)per ammonire al tifo in quanto entusiasmo e non come malattia guerriera? «In qualunque luogo vogliate andare, andateci con leggerezza» raccomandò Giorgio Albertazzi, il grande attore morto proprio ieri. Parole ad hoc per il derby. Tanto le lacrime, come le montagne, hanno un corso scritto che non si può cambiare. Lacrime di vittoria. Vanno in bocca, nel sorriso. Lacrime di sconfitta. Si fondono con il sudore, con le ginocchia piagate e piegate. Bruciano qual formidabile fuoco che dà al tifoso e alla tifosa il volto stralunato di un amante, appagato o insoddisfatto. Febbre da sabato sera, febbre da derby made in Spain. Ieri: Madonnina, che Milano! Il ferito lieve, lieve ci è scappato come il cacio sui maccheroni vista l'agitazione. Però, nominiamo le tifose: le donne spagnole vanno con un occhio più ardente nel ventaglio mondiale delle «seguidore». Sanno che ogni altro tipo di sfogo al di là del sorriso o il pianto trasformano il tappeto verde, da San Siro al Santiago Bernabeu, in un luogo indegno del nome di campo. Lo sanno le donne di questa... Letizia?

Mangiavano schiena a schiena gli aficionados. Al Cordusio la canzone «Gli anni» di Max Pezzali sembrava essersi incantata sul «giradischi», girava come una palla per «gli anni d'oro del grande Real». Più di un ospite ci regalava un inno di Mameli. La finale della Champions League ha fatto deflagrare la città, e se Parigi ci è cugina, Madrid ci è quasi sorella con linfa latina, viola come il tono di indaco del Real Madrid, scarlatta l'Atletico. Tavolate di bruschette al pomodoro, di paeilla, di polipo, patate e prezzemolo nei due quartier generali. Piazza Duca D'Aosta per l'Atletico. Zona Pagano per il Real.

L'invasione dei 100mila fans è stata quasi quasi civile, ma il timore di incidenti che facessero piangere di paura è corso sul filo livido del rischio di ogni partita, dove il temine incontro fa presto a bagnarsi di vene fratricide. «Upa Atleti!» hanno gridato i tifosi dei colchoneros, i «materassai» dell'Atletico. «Hala Madrid!» invocano i seguaci delle merengues, per i quali tifa il re Felipe VI e anche Richard Gere.

Le strade milanesi non hanno fatto differenze, ospitando canti, battimani, nenie stonate, gridate dagli spagnoli, uguali a tutti i tifosi della terra e non certo i più violenti, c'è di peggio, e i fiumi di birra hanno fatto risuonare sirene d'ambulanza o di polizia in modo contenuto. Canti e sirene: che il suono rimanga nel buono, perché il calcio è una musica che non muore mai.

Elena Gaiardoni

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