Appartiene ai tempi andati lo spiegamento delle grandi famiglie milanesi alla Prima della Scala, consumata sabato. Mancano i nomi di grande richiamo, ingredienti immancabili in un evento culturale e mediatico considerato il numero uno d'Italia. E che in questi ultimi anno sta vivendo di glorie passate. Il mondo non viene più alla Scala di Milano nel giorno chiave della stagione, non si vedono le Liz Taylor della situazione, insomma. Forse la Prima vive una fase di transizione, forse rispecchia la collocazione sempre più marginale del nostro Paese. Vedremo che ne farà il futuro sovrintendente, Alexander Pereira: uomo di mondo, e che in questi ultimi anni ha diretto il Festival più chic d'Europa, manager di tatto con un occhio all'arte e al botteghino, ai sostegni pubblici e privati. Uno che i mecenati sa andare a scovarli e poi li tratta con guanti di velluto consapevole che sponsor non equivale a bancomat da usare all'occorrenza e poi via. Troppo domestica questa Prima? Per Giorgio Armani, imprenditore non è un problema. Anzi, dice che è un punto di forza. «Ciò che più conta è che sia sentita dai milanesi». Per Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, «è eccellenza assoluta di Milano, e da melomane mi vien da dire d'Italia». Squinzi che assieme ad altre autorità e personaggi vari era tra i 450 invitati alla cena del dopo Traviata, come l'anno scorso, alla Società del Giardino. Menù alla Verdi, con prelibatezze amate dal compositore e ingredienti dell'area emiliana. Nel cuore della sala, il tavolo dei big e relative consorti: dunque Manuel Barroso (Presidente Commissione Europea), Mario Monti, il sovrintendente Stephane Lissner, il primo cittadino Giuliano Pisapia, Michele Vietti, sottosegretario di Stato. C'erano Roberto Maroni, governatore della Lombardia, Bruno Ermolli, tra i vari incarichi vicepresidente della Scala, l'architetto Botta, a un tavolo d'architetti tra cui Alberto Artioli, soprintendente per i Beni architettonici di Milano. Quindi il Comandante dei vigili del fuoco della Lombardia, Antonio Monaco, il generale della Finanza, Vincenzo Giuliani, il ministro del Mibac Massimo Bray e l'assessore alla Cultura di Milano Filippo del Corno. Gli sponsor della serata, Vittorio Moretti (vini Bellavista) e Guido Gobino (omonima azienda). Al tavolo numero uno, c'era Daniele Gatti, direttore di Traviata, nonché milanese doc, per niente toccato da qualche contestazione a suo carico, «fanno parte del gioco del teatro: che per sua natura deve dividere», ha detto. Si festeggia Traviata, ci si confronta sui buu e sulle trovate registiche. Si fanno pubbliche relazioni. Prima della Scala che è ormai una incredibile serata di fund raising, benedetta in questa fase di crisi. E Verdi, in tal senso, è il compositore che ci vuole. Traviata, cioè il titolo d'opera più rappresentato al mondo, ha fatto incassare 2 milioni 482 mila euro, con un aumento di circa il 6% rispetto al 2012. In tv, dunque su Rai5, è stata vista da 654mila spettatori, cioè il triplo di quelli che seguirono Lohengrin l'anno scorso.
Ma la serata alla Società del Giardino non è stata l'unica in città. Chi, come il ministro Cancellieri e molte delle signore bene di Milano capitanate da Lina Sotis, aveva scelto di vedere la prima nel carcere di San Vittore ha cenato al buffet serviti dai detenuti, mentre chi aveva lo standing adeguato (e le entrature giuste) ha potuto godere di una grande cena verdiana all'interno delle Galleria d'Italia.
Un gruppo di sciure milanesi doc non ha tradito quella che è ormai una tradizione. Cena in relax dopo teatro, tra amiche e amanti della musica, ai tavoli del Baretto, il ristochic all'interno dell'hotel Baglioni in via Senato.
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