La famiglia ha salutato in lacrime la bara di legno chiaro coperta di rose rosse, mentre le campane suonavano a lutto per Giuseppe Setzu, l'operaio originario di Iglesias e pienamente milanese di Greco, morto a 48 anni, con tre suoi colleghi, nell'incidente avvenuto martedì 16 gennaio nello stabilimento Lamina di via Rho. Beppe, come lo chiamavano tutti, quella mattina ha sentito un collega che boccheggiava e chiedeva aiuto nel forno per l'acciaio ed è sceso ad aiutarlo. Uno slancio d'amore e un dovere morale, che si sono mescolati in modo inestricabile. Lo ha ricordato così, il parroco, don Giuliano Savina, in una chiesa gremita e commossa: «È entrato nella tempesta a testa alta con il coraggio che la bontà della sua vita gli ha consegnato. Era un uomo attento, si prendeva cura degli altri e questo lo ha dimostrato anche nella morte».
Per i suoi funerali è stato proclamato il lutto cittadino. Nel dolore una nota dolce, perché tra i quattro colleghi «c'era familiarità e gioia di vivere, perché dentro quella fabbrica si condivideva non solo il lavoro ma un'esperienza di vita straordinaria e il fare sacrifici insieme». Gli ultimi due operai sono morti nel tentativo di salvare i colleghi, quando si sono resi conto che erano in pericolo: «Diciamo grazie a Dio perché è stato capace nella tempesta di dare la vita per un amico».
È arrivato il sindaco, Giuseppe Sala, con la fascia tricolore, il prefetto Luciana Lamorgese, il questore Marcello Cardona, il comandante dei vigili del Fuoco, Gaetano Vallefuoco, il comandante dei carabinieri Luca De Marchis, per la guardia di Finanza il generale Paolo Kalenda e il presidente del consiglio comunale Lamberto Bertolè. Sala ha detto cose che in giorni come questi tutti sperano e insieme dubitano che possano diventare realtà: «Nessuno di noi, né sindacati né istituzioni, crede che servano nuove regole, servono più controlli». Nel giorno del lutto il dolore si mischia alla rabbia e cerca risposte che, se non possono cambiare il futuro, aiutano a guardare il domani con cuore più pacificato.
Scrive l'arcivescovo, Mario Delpini. Una lettera a mano, vergata a penna blu. Ha toni umani e politici come ricetta della consolazione: «La tragedia che ha scosso Milano deve motivare a condizioni di lavoro che impediscano il ripetersi del dramma, ma deve diventare preghiera perché Giuseppe non è un caso ma un uomo che lascia un vuoto, un figlio di Dio che è accolto dall'abbraccio del Padre, una persona morta troppo presto che accompagniamo nella fede verso la consolazione di Dio».
Dopo la funzione il feretro è stato portato a spalla dai colleghi e il suocero Ermanno ha letto un messaggio appassionato: «Tu amavi il quartiere Greco e Greco amava te. I tuoi sogni e le speranze sono andati via con te, ma finché io sono vivo rimarranno con me per sempre. Ciao, mio eroe».
Eroe non è parola di troppo per quest'uomo che è stato molto amato e che ha saputo amare molto, fino al dono della vita.I funerali dei due fratelli Giancarlo e Arrigo Barbieri si svolgeranno il 26 alle 15 a Muggiò. Deve ancora essere fissato l'ultimo saluto a Marco Santamaria. Il lutto di Milano continua.
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