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I giudici riaprono le sale giochi

Tar, Consiglio di Stato, di nuovo Tar. Non si placa la battaglia dei gestori di slot machines contro il Comune, che ha tentato di mettere un freno alle giocate notturne. E questa volta a segnare un ponto a proprio favore sono i gestori. Il Tar della Lombardia, in una sentenza depositata il 7 novembre, blocca l'ordinanza del Comune che impone la chiusura alle sale giochi tra l'una di notte e le dieci di mattina. «Il ricorso va accolto, e, per l'effetto, va annullata la disposizione di cui all'art. 13, comma 2 dell'ordinanza del Sindaco di Milano del 29.1.2013» ha sentenziato il Tar.
Trentatré pagine per spiegare come e perché Palazzo Marino non ha ben motivato le ragioni di ordine e sicurezza che hanno portato a questa decisione. Il provvedimento manca di «chiarezza e trasparenza». Il Comune non ha consultato i rappresentanti dei gestori. Serve «una puntuale esplicitazione delle ragioni di limitazione dell'orario». A fare ricorso è stata la Game Paradise, una sala giochi di oltre 400 metri quadrati, che aveva anche chiesto un risarcimento danni consistente, calcolato su una stimata perdita giornaliera di 30mila euro. Una somma che dà l'idea degli interessi in gioco. Il Tar ha però bocciato la richiesta di risarcimento.
A colpire molto, nella sentenza, è il fatto che i principali avversari del Comune sono lo Stato e l'Ue. Sono le politiche dello Stato, tutt'altro che contrarie al gioco d'azzardo, e la liberalizzazione degli orari voluta dall'Ue, oltre che dalla legge Salva Italia del 2011, a dare la possibilità agli avvocati di mettere il bastone tra le ruote al Comune. La liberalizzazione degli orari «costituisce attuazione della disciplina dell'Ue e nazionale in materia di concorrenza», si ricorda. E se Palazzo Marino si muove per limitare i danni del gioco d'azzardo, sono i giudici a bloccare tutto.
Nella sentenza c'è un interessante riassunto di quel che il Parlamento ha via via approvato. «Il legislatore italiano ha adottato da tempo una politica espansiva nel settore dei giochi d'azzardo allo scopo di incrementare le entrate fiscali» è la sintesi. E ancora: «Non si può sostenere che siano perseguite effettivamente la prevenzione dell'incitamento al gioco e la lotta alla dipendenza dallo stesso». Come dire che chi vuole fare prevenzione e lotta alla dipendenza non si ispira alla legge.

Forse le va contro? L'esame è dettagliato: «Questa situazione è evidente anche dal semplice riepilogo delle principali forme di gioco previste dalla normativa nazionale con i rispettivi anni di attivazione: lotto (1863), lotterie nazionali (1932), scommesse ippiche (1942), totocalcio (1946), totip (1948), tris (1958), totogol (1994), lotterie istantanee gratta e vinci (1994), superenalotto (1997), scommesse sportive (1998), bingo (2000), big match (2004), newslot - apparecchi e videoterminali di gioco (2004), big race (2005), win for life (2009)». Un elenco impietoso.

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