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I negozianti terrorizzati: «Siamo soli, ci armiamo»

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«Certo: chiederemo un incontro con le istituzioni. Con il questore, con il sindaco, con il comandante provinciale dei carabinieri. Ma se non ci difendono loro, ci difenderemo da soli. Chiediamo di rivedere la legge sulla legittima difesa. E, se occorre, ci armeremo fino ai denti. Siamo stanchi di avere paura. La pistola in negozio? Ben venga. E se ci sarà un morto? Se è un malvivente che sta cercando di rapinarci, meglio lui che noi!».
È arrabbiato, deciso, disperato. Luigi Ferrario, presidente di «Buenos Aires Futura», riunitosi ieri sera in viale Regina Giovanna con tutti i rappresentanti del coordinamento di commercianti cittadini «Le 16 vie dello shopping», dopo l'omicidio del gioielliere Giovanni Veronesi parla a nome di una categoria esasperata. Che ha preso una decisione durissima, imboccando una strada definitiva. «Dopo l'assalto all'orologeria di Franck Muller, in via della Spiga, poco più di un mese fa, ora c'è scappato pure il morto, un collega di lungo corso...È inaccettabile!» tuona Ferrario.
Ed era nell'aria ieri che sarebbe finita così. Dopo il fatto di sangue, l'omicidio in pieno centro-chic - la tranquilla Brera, quartiere di artisti e negozietti - arrivano le proteste. Miste ai ricordi di Giovanni Veronesi, il gioielliere 75enne che vendeva preziosi d'epoca ucciso nel primissimo pomeriggio di ieri durante una rapina nel suo negozio, in via dell'Orso 3, a due passi dalle oreficerie della figlia, di quella della compagna (che si trovano nella stessa strada) e del figlio, in via Manzoni. Reazioni a caldo di una città che ha smesso da un pezzo di sentirsi sicura.
«Io personalmente ho subito furti e posso dire che qui non c'è controllo del territorio» ha dichiarato ieri Cristina Scaramucci, contitolare della boutique “Eleonora Scaramucci” di via dell'Orso. «Non so perché non passino le forze dell'ordine - ha continuato a lamentarsi la donna -. Immagino sia perché hanno pochi uomini, ma il risultato è che qui c'è poco controllo. Da quando c'è Area C c'è anche la metà della gente in giro. Ma proprio per questo noi commercianti ci sentiamo ancora più abbandonati».
«Era una persona correttissima, lo conoscevo da quarant'anni, nessuno ce la poteva avere con lui. Ho capito subito che si era trattato di una rapina» ha spiegato subito dopo la rapina, ancora sconvolto, Massimo Barbato, pure lui titolare di un'altra gioielleria della via, il negozio «Gioielli dell'Orso».
«Non ho visto niente, all'ora in cui è accaduto eravamo in pausa pranzo - ha concluso Barbato - ma è incredibile che accadano queste cose in centro a Milano, all'una del pomeriggio. Come ho fatto a capire subito che è stata una rapina? Vede, Veronesi era un uomo molto cauto, stava attento a chi apriva la porta del negozio e non faceva entrare più di una persona per volta. Inoltre era cintura nera di judo. E una persona sicura di quello che può fare, può anche reagire, no?».
Francesco Gatto, proprietario del negozio di quadri «Galleria D'Arte San Barnaba», proprio all'inizio di via dell'Orso, ieri in tarda mattinata, verso le 11, aveva incontrato Giovanni Veronesi per strada. «Era un uomo anziano, tranquillo, lo conoscevo da tanto tempo - ricorda il gallerista -.

Certo i rapinatori hanno rischiato grosso a commettere un atto così violento con tutte le telecamere che ci sono in questa via - E poi sono stati veloci. E molto silenziosi: non si è sentito neanche un rumore o uno sparo».

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