I Radicali regalano semi di cannabis nella «giungla» dello spaccio alle Colonne

L'iniziativa attira pusher incuriositi. Gli attivisti: «Regolare il fenomeno»

Michelangelo Bonessa

Un tour antiproibizionista per promuovere la coltivazione della cannabis. I Radicali ieri pomeriggio hanno allestito un banchetto davanti all'oratorio San Lorenzo, nella piazza delle Colonne, per distribuire semi dopo una lezione di coltivazione. La tappa non è casuale: la campagna Radicali cannabis social club cerca proprio le piazze di spaccio come le Colonne. Un luogo che conferma subito la sua fama, tanto che i primi a interessarsi sono proprio gli spacciatori: qualcuno gira intorno agli attivisti liberali in bici, poi torna a riferire al suo gruppetto poco lontano. Sono tranquilli perché non si tratta di concorrenza, ma di persone che distribuiscono semi e conoscenze.

«Ci è già successo in altre città di attirare le loro attenzioni - racconta Antonella Sodo presidente dei Radicali italiani - a Roma, nel quartiere San Lorenzo, abbiamo dovuto rassicurarli che vendevamo solo semi, uno ci ha detto che è anni che lavora lì e ormai tutti lo conoscono; a Firenze ci hanno chiesto cosa avevamo contro gli spacciatori e ho dovuto spiegargli che nel sistema che immaginiamo noi lui avrebbe diritto anche alla pensione».

La lotta radicale, tra piccoli criminali e politici che la avversano, punta alla legalizzazione e nel frattempo critica i limiti delle norme attuali ricordando che la civile Lombardia è una delle poche regioni in cui anche in possesso di ricetta non è molto facile trovare cannabis terapeutica. Anche se almeno un consigliere di Municipio in carica quest'anno ha usato farmaci con lo stesso principio attivo.

«Oggi tutte le droghe sono disponibili in ogni orario, in ogni strada e davanti alle scuole: questa è la dimostrazione che il proibizionismo ha fallito - conclude Sodo - oggi ci sono 6 milioni di consumatori per la cannabis, più i numeri in crescita di quelli che usano eroina e altre droghe, quello che chiediamo è una legge che è un provvedimento di buon senso utile a regolare un fenomeno che non può essere fermato e che ha effetti negativi come mettere la microcriminalità a contatto con i minori».

Una trentina di persone hanno partecipato come attenti alunni alla lezione di coltivazione, diversi hanno fatto la tessera. Tutto sotto l'occhio attento della polizia che ha vigilato su quello che si propone come appuntamento culturale. «Proibire una pianta è in sé un controsenso - attacca Marco Cappato, frontman dei Radicali a Milano - in Italia ci sono 30mila morti di uva all'anno, ma a nessuno viene in mente di proibire il Vinitaly come simbolo negativo associato a ubriaconi e assassini stradali: dietro a ogni pianta c'è una storia e una cultura, consegnarla alla criminalità vuol dire distruggerla. Diffondere invece la conoscenza è un modo anche per combattere gli abusi».

Forse la formula radicale ha più speranze di quelle applicate negli ultimi anni: la creazione di muri, cancelli, cancellate, stuoli di telecamere e ordinanze hanno prodotto pochi

risultati in zone come le Colonne, tanto è vero che le bande di spacciatori iniziano a chiedere già dalla fine di via Torino. «Sono tra i pochi a difendere il proibizionismo» chiosano i Radicali. Insieme a chi vende telecamere.

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