Chiara CampoQualche anti-Sala a sinistra (un po' perfidamente) ricorda quando il manager in campagna elettorale si esibiva in profezie che non lasciavano dubbi: «Se vincerò, io il candidato di centrodestra sarà uno di bandiera». Tutto calcolato. Compresa una campagna che, al di là delle garanzie granitiche proferite a Sel («a Milano non nascerà il Partito della nazione»), era praticamente già scritta. Apertura a liste centriste e tentativo di acchiappare i voti dell'elettorato moderato, magari tenendo bassi qui temi cari alla sinistra-sinistra - centri sociali, campi rom, accoglienza ai profughi - e meno alla borghesia del centro dove Beppe Sala ha fatto il boom di voti, con un record quasi assoluto in via Montenapoleone. Tutto da rifare, con la discesa nel campo avversario di Stefano Parisi, che ha un profilo come lui manageriale, ha già ricevuto (anche) la benedizione di Ncd e a cui guardano molti dei cosiddetti «elettori moderati» che si stavano avvicinando a mr Expo. I renziani mascherano il panico, ma è chiaro che il Pd sarà il partito che rischia di pagare il conto più caro della scelta. Gli ex sfidanti di Sala alle primarie, la vicesindaco Francesca Balzani e l'assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino, avrebbero intercettato meglio i compagni, senza bisogno di indossare la maglietta rossa del «Che», invece anche i loro elettori sul web minacciano di andare al mare il 12 giugno o votare il candidato anti-Sala che entro poche settimane verrà lanciato da Civati e soci. Per questo, mentre già si teme una fuga dalle urne, continua a creare malumori tra i dem l'ipotesi della «lista arancione», una lista di sinistra che raggruppi pezzi dei comitati civici (come Paolo Limonta, coordinatore e fedelissimo del sindaco), di Sel (Luca Gibillini e Mirko Mazzali) e possibilmente pezzi del Pd. Se l'operazione diventerà non di presenza, ma ambiziosa, capolista sarà la Balzani. Ma tra la lista civica del sindaco e il listone che è emanazione di Pisapia e Balzani, il Pd a trazione renziana rischia un risultato deludente. È già partito un semaforo rosso agli esponenti del partito (chiamiamoli i «balzaniani») che pensano di confluire nella lista arancione. Maurizio Baruffi, capo di gabinetto del sindaco, ha invitato ad abbattere gli steccati, «non ci vedrei nulla di male se l'assessore Sel Cristina Tajani si candidasse con la lista Sala o qualche dem con gli arancioni». Il capogruppo in Comune, Lamberto Bertolè, pur avendo fatto campagna per la vice non è convinto: «É passata solo una settimana dl voto, valuteremo a freddo ma direi che chi è iscritto al Pd si candida nel Pd». Ancora più deciso il renziano Filippo Barberis, capogruppo in Consiglio metropolitano: «Se un esponente è tesserato nel Pd è normale che resti nella lista del Pd», un invito che spedisce soprattutto all'ala che fa riferimento a Stefano Boeri e «magari ha anche incarichi nella segreteria». Se fossero tentati e portassero il loro capitale di preferenze alla lista civica di sinistra «non sarebbe comprensibile. Si deve ragionare nei termini di liste complementari e rafforzative, senza sovrapporsi troppo al Pd. L'obiettivo non deve essere erodere voti al partito Democratico». Altri definiscono «miope» questo punto di vista («l'obiettivo è vincere»). Sel invece fa i conti con un appello-diffida ad associare il simbolo al nome di Beppe Sala. É un documento che gira tra gli iscritti (anche delle altre regioni) ed è diretto ai coordinatori nazionali.
«Sel Milano - è scritto - ha forse contratto un impegno partecipando alle primarie di coalizione ma noi non accettiamo che questo pregiudichi l'immagine di Sel in tutto il Paese né che il logo sia in campo a sostegno di Sala e del partito della nazione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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