I riflettori internazionali sui palcoscenici milanesi

Straordinarie palestre per la crescita di molti artisti, le sale meneghine hanno saputo «diversificare» nonostante la crisi

Per il teatro, come per le più tradizionali forme d'arte espressive, negli ultimi anni non è stato facile sopravvivere ai nuovi media , diversi strumenti di espressione e produzione che hanno inevitabilmente avuto effetto su realtà come quella del palcoscenico o della settima arte. Il problema di queste novità, semmai, è che alla fine, tendano tutte, se non a confondersi, quasi a omologarsi, lasciando intatte quelle suggestioni che unicamente la tradizione sa regalare.

Il teatro non solo è vivo e vegeto, ma addirittura rifiorito. Lo si capisce dalla versatilità di chi lo gestisce e di chi ne è protagonista in scena. Il palcoscenico, poi, non ha perso una delle sue indelebili caratteristiche: una palestra importante di crescita per molti artisti. Non a caso, si dice di tanti attori cinematografici che «vengono dal teatro», quasi attribuendogli una sorta di laurea ad honorem che solo recitare dal vivo, davanti a un pubblico eterogeneo, ti possa attribuire. Anzi, è anche più facile che il teatro diventi luogo di approdo e di consacrazione, strumento per dimostrare le proprie capacità. In molte interviste di artisti provenienti da piccolo e grande schermo capita di leggere frasi del tipo: «Ho voluto cimentarmi in questo spettacolo teatrale per dimostrare di essere un attore vero».

E Milano, da questo punto di vista, è un crocevia straordinario per molte carriere. L'antico e importante patrimonio tradizionale culturale della nostra città, rappresentato dalle sale teatrali, non si è minimamente svalutato negli anni. I numerosi palcoscenici meneghini sono, fin dalle origini, una vera e propria ribalta internazionale, consacrazione o, a volte, ridimensionamento, di tante carriere e casa dei più grandi artisti che, prima o poi, hanno dovuto «fare i conti» con questa eccellenza. Fonte anche di ispirazione e di innovazione, di creazione e di avanguardia, di sperimentazione di nuovi linguaggi e forme.

In questo Focus, i nostri lettori troveranno presentazioni e suggerimenti per apprezzare al meglio la stagione che è già ripartita alla grande, anche se sarebbe più corretto dire, non è mai finita vista l'onda lunga dell'Expo ancora in corso. Raramente una città è in grado di proporre una simile offerta, in termini di versatilità di cartelloni, come Milano. Dal musical al dramma, dal classico al moderno, dal dialetto ai burattini, dalla commedia al giallo. Nel corso dell'anno ogni spettatore avrà centinaia e centinaia di opportunità per soddisfare la propria passione. Del resto, per fortuna, al contrario del cinema, il teatro gode ancora di una specie di zona franca per quanto concerne la riproduzione illegale dei suoi contenuti in rete. Mentre i film, purtroppo, sono messi già a disposizione nei siti prima di andare nelle sale, gli spettacoli teatrali non sono ancora finiti nel mirino della pirateria. Anche perché il teatro è tale solo se lo «consumi» dal vivo, in platea, a pochi passi da attori che recitano senza trucchi cinematografici, con la loro bravura, a «nudo».

Quale arte può regalare ancora questa magia? Oltretutto, la crisi ha spinto i gestori delle sale a inventare formule sempre più convenienti per lo spettatore. Ormai, si può tranquillamente andare a vedere uno spettacolo spendendo relativamente poco, anche se si è accompagnati dalle famiglie. E ben venga il moltiplicarsi di titoli dedicati a spettatori più piccoli che, nel corso degli anni, hanno dimostrato di essere anche più attenti degli adulti.

Milano, anche da questo punto di vista, è all'avanguardia. Insomma, prendendo a prestito le parole di Giovanni D'Anzi e di «O mia bela Madunina», potremmo dire, per sintetizzare la nuova stagione del palcoscenici milanesi che «Milan, l'è on gran Milan anca a teater».

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