Piera Anna FraniniDa decenni è dominatore della vita concertistica internazionale. Uno dei pianisti di riferimento. O meglio, Maurizio Pollini, milanese, 74 anni appena compiuti, è il «Pianista Italiano», nella top ten degli interpreti che contano e con successi discografici (Grammy, disco di platino) da pop star. A 18 anni, vinse il Concorso di Varsavia che ne intuì e certificò il fenomeno: capace di mantenere le promesse. Perché la storia è fitta di musicisti e atleti forgiati a dovere, esplosi giovanissimi ma poi eclissatisi. Dalla medaglia d'oro a Varsavia si è soliti far partire la «Pollini story». In realtà, in questi giorni è uscito un album inedito intitolato «Pollini a 15 anni» e allegato al mensile Classic Voice che così festeggia il numero 200. «In queste registrazioni, riemerse da archivi privati, il grande pianista si esibisce dall'età di dodici a quella di quindici, alcuni anni prima del periodo a cui risalgono le prime testimonianze discografiche ufficiali» spiega il direttore della rivista, Andrea Estero. «Queste sono straordinarie testimonianze, mai ascoltate prima, che colgono l'artista nel periodo della sua formazione e documentano la sua sorprendente maturità e la compiutezza, nonostante l'età, del suo sguardo sui classici, che nella sostanza non cambierà nei decenni successivi. Uno sguardo per l'epoca molto originale, che certo traduceva in suoni un clima culturale diffuso, ma aveva pochi riferimenti». Sono esecuzioni colte in case private milanesi (la raccolta degli Studi op. 10 di Chopin), il negozio Furcht in via Croce Rossa sempre a Milano (le Ballate), i 24 Studi vennero poi eseguito al Circolo della Stampa nel 1957 (mentre è del 1958 il debutto alla Scala con la Fantasia di Ghedini). Un cd che offre, dunque, uno spaccato della fervida vita musicale della Milano anni Cinquanta. Pollini si formò proprio in quel clima. Era l'epoca in cui alla Scala e per la Società del Quartetto si esibivano i mostri sacri del pianismo d'allora. Quindi Rudolf Serkin, Alfred Cortot, Wilhelm Bachkaus. Ascolti che sicuramente lezioni s'impressero nella mente di quel talentoso ragazzo, timido e schivo fino all'inverosimile. E che in un recente docufilm (della Detsche Grammophone e condotto da Bruno Moinsangeon) non va oltre un Diciamo che suonavo in maniera accettabile. Il mio primo maestro, Carlo Lonati, cercò di darmi i primi rudimenti, poi basta, mi lasciava suonare a modo mio». A proposito degli Studi di Chopin presenti nell'incisione di Classic Voice, e raffinati con Vidusso, Pollini osserva: «Avevo 14 anni, fu un enorme sforzo, non avevo una tecnica abbastanza sviluppata». L'ascolto dimostra esattamente il contrario. Perché già disponeva di un ricco arsenale tecnico. Agilità, agilità di forza, velocità, resistenza (dell'avambraccio, per esempio), spolvero. C'è già tutto. C'è istinto musicale, intelligenza interpretativa, studio, stoffa del concertista.
Un exploit sorprendente quello del Concorso Varsavia, seguito da un periodo fatto di un silenzio concertistico, di ulteriore approfondimento, e un cambio di rotta che instillò in parte della critica, pubblico e pure discografia un certo scetticismo. Pollini continuò a coltivare scelte meno scontate, più ardite e scomode. Scelte che - a maggior ragione - ne fanno il Pianista. Pollini torna a Milano, alla Scala il 20 giugno prossimo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.