Gli imbarazzi di Sala sul post expo

di Carlo Maria LomartireO rmai è chiaro che il futuro di Milano dipende da Arexpo, da ciò che si farà o non si farà su quel milione e passa di metri quadrati su cui per sei mesi si è svolta Expo. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi è venuto di persona a Milano, presentando un «suo» progetto, in realtà elaborato e suggerito dall'Istituto italiano di tecnologia di Genova, che se ne propone anche leader e protagonista. Progetto che però riguarderebbe non meno di un ventesimo della superficie disponibile. E il resto? E il ruolo e gli interessi delle istituzioni scientifiche e degli atenei milanesi che nulla hanno da invidiare all'ottimo istituto genovese promosso da Renzi? Il dibattito continua, evitando la rissa. Anzi è appena iniziato. Ed è chiaro che si protrarrà per tutta la campagna elettorale. Certo, il futuro di Arexpo non è argomento che porta a conquistare il voto del pensionato del Lorenteggio o della commessa di corso Buenos Aires, che in realtà, vorrebbero sentir parlare di imposte e tariffe, trasporto pubblico e sicurezza. Ma i candidati alla scomoda poltrona di sindaco di Milano anche di Arexpo dovranno parlare. Rischiando la proposta impopolare, la manifestazione di incompetenza o la gaffe: insomma di spararla grossa.L'unico potenziale candidato che, teoricamente, dovrebbe avere le idee un po'più chiare è proprio Giuseppe Sala, già commissario Expo. Il Pd renziano gli ha fatto una corte insistente e tenace nonostante la freddezza di Giuliano Pisapia e compagni - e lui alla fine ha ceduto alle lusinghe, sebbene non sia ancora chiaro se dovrà confrontarsi alle primarie: è disposto Sala a rischiare, dopo i trionfi di Rho, la figuraccia di essere scavalcato da un qualsiasi Civati? Il fatto è che proprio in questa situazione post-Expo la candidatura di Sala avrebbe le caratteristiche di un conflitto d'interessi, diciamo così, teorico. Certo, l'ex commissario ha sue idee sul futuro di Arexpo, tanto che il presidente della Regione Roberto Maroni avrebbe voluto affidargliene la gestione. E d'altra parte sono evidenti i buoni rapporti, di fiducia e simpatia reciproca che legano Renzi e Sala. Il quale, ci chiediamo, sarebbe dunque disposto ad opporsi ad un disegno governativo su quell'area in contrasto con gli interessi di Milano? Sarebbe disposto a contestare il progetto renziano che vedrebbe il genovese Itt installarsi da leader, trascurando le istituzioni milanesi? D'altra parte non possiamo pensare che Sala in questi mesi non si sia fatta una sua idea sul dopo Expo, magari parlandone con i rettori degli atenei milanesi, con il governatore e il sindaco uscente. È armonizzabile con quello «genovese»o è del tutto diverso e inconciliabile? Forse non riguarda solo un ventesimo di quell'immenso spazio ma tutta l'area disponibile.

È disposto, comunque, a parlarne da candidato del Pd a sindaco senza temere di contraddire il segretario e capo del governo? Abbiamo insomma l'impressione che proprio l'argomento più forte, la competenza, per cui la candidatura di Sala è stata insistentemente voluta da Renzi, finiranno per creare al Pd il principale problema in campagna. Non intendersi col governo centrale sull'uso di Arexpo significa non concordare sul futuro di Milano. Che per un candidato sindaco non è il migliore dei viatici.

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