"Impensabile annullare il Salone: ormai parla la lingua della gente"

L'architetto Giovanni La Varra, tra i "padri" del Bosco Verticale: "Il Salone del mobile coinvolge tutti"

"Impensabile annullare il Salone: ormai parla la lingua della gente"

«L'alternativa, cioè l'annullamento, sarebbe stata impensabile: il Salone del Mobile è un elemento costitutivo del paesaggio e dell'identità milanese».

L'architetto Giovanni La Varra misura le parole: sa che sono giornate delicate, ma è abituato a gestire le novità e conosce bene Milano. Dal 2008 anima lo studio di architettura Barreca & La Varra fondato con Gianandrea Barreca, dopo che entrambi avevano partecipato alla fondazione dello studio Boeri. La Varra, classe 67, è uno dei padri del celebre Bosco Verticale e al suo studio si deve anche il progetto, in chiave green e con grande attenzione all'housing sociale, dello scalo Greco-Breda: pronto tra i prossimi 3 o 4 anni, si configura come uno degli interventi di riqualificazione urbana più interessanti da seguire. Al telefono commenta la decisione, da parte del cda di Federlegno Arredo Eventi, di posticipare di un paio di mesi il Salone del Mobile cui è seguito il pronto annuncio di Fuorisalone, già al lavoro per una riorganizzazione della pletora di eventi in città che ruotano attorno alla fiera.

Se lo immagina il Salone a giungo, anziché ad aprile? C'è chi si lamenta già che farà caldo...

«Non si poteva fare altro: ogni anno Milano mette alla prova se stessa con un evento che porta euforia alla città. Il Salone è uno degli appuntamenti in cui tutti ci riconosciamo: ogni famiglia ha qualche amico o parente che vi lavora. C'è chi si occupa degli allestimenti, chi del catering, chi dei trasporti, chi opera negli alberghi. Ci sono giovani e giovanissimi installatori, studenti di design e architettura: è un grande ingranaggio che fa muovere Milano».

Per questo tutti sono così affezionati al Salone e preoccupati del cambiamento?

«Sì, diversamente da altre manifestazioni, penso a quelle legate alla moda, il Salone ha saputo fare leva sul carattere popolare dei suoi prodotti: il design, anche quello più esclusivo, ha la caratteristica di parlare il nostro linguaggio, si riferisce a oggetti della nostra vita quotidiana. Il Fuorisalone, poi, ha coinvolto la città immaginando eventi di ogni genere che hanno reso la fiera un agente inclusivo, non un appuntamento per addetti ai lavori».

Ad alcuni la decisione di posticipare il Salone è parsa affrettata.

«Direi che non c'erano le condizioni per organizzare tutto in maniera adeguata: è stato giusto così. So che alcuni avrebbero preferito mantenere le date tradizionali e che per chi ha prenotato dall'estero e da lontano il cambiamento sarà fastidioso e oneroso, ma sarebbe stato imprudente procedere come se nulla fosse. Far slittare l'evento a giugno è un giusto compromesso: Milano sta vivendo una distopia strana...».

In che senso?

«Tra pochissimi giorni l'emergenza potrebbe rientrare o l'allarme potrebbe essere prorogato: non lo sappiamo, viviamo il momento della sospensione. Dovremmo approfittarne».

Come?

«Sfruttando l'occasione per riflettere.

Mi sorprendo ad essere quasi geloso di questo momento in cui gustare con calma la mia professione, in giornate meno intense del solito. Si lavora da casa, con i figli accanto perché le scuole sono chiuse: per noi architetti c'è in più l'opportunità di guardare e vivere diversamente le case che proprio noi abitiamo».

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