Impianti vecchi e servizi sporchi: l’oasi in città non è a bordo vasca

Chiare e fresche? Forse, almeno in apparenza. Dolci? Meglio, comunque, non assaggiarle. Purtroppo le acque estive della città difficilmente avrebbero ispirato una poesia come la fonte di Vaucluse in Provenza fece con Petrarca. Quando afa e canicola la stringono d’assedio, Milano sfodera il suo pelago urbano, anzi i suoi sette «mari»: Argelati, Sant’Abbondio, Cardellino, Lido, Romano, Saini e Scarioni. Gestiti da MilanoSport, gli impianti hanno vita breve, da giugno a inizio settembre, e un compito fondamentale: regalare a chi resta a casa un po’ di svago. Ma il sapore di mare in vitro è piuttosto indigesto: impianti vetusti, attrezzature fatiscenti, servizi igienici non esattamente lindi sono il minimo comune denominatore, insieme all’onnipresente pubblicità contro i rischi da micosi del piede, di un ambiente che poco ha ormai dell’oasi metropolitana dove ricercare un surrogato d’estate.
L’ingresso costa 5 euro (5,50 sabato e festivi). Non molto, ma per cosa? Solo per stendersi sul cemento e al sole di città e per non avere né sapone né, molto spesso, carta igienica in bagno. Neanche a dirlo tutti gli altri servizi sono extra: lettini (3 + 2 euro di cauzione), armadietto, guardaroba. Alcune piscine, come Lido e Argelati, hanno la zona hospitality: a 12 euro (15 euro sabato e festivi) in piazzale Lotto, per esempio, si conquista il diritto a ombrellone, lettino, nebulizzatori e un drink in una zona riservata (ma lontana) dalla vasca. In alcuni impianti il clima non è nemmeno vacanziero: alla Scarioni di via Valfurva c’è sempre un crocchio di aspiranti natanti che fa la coda davanti ai cancelli già dalle 10 del mattino: colpa delle brochure distribuite per la città che riportano l’orario sbagliato. La piscina apre invece alle 11, ma nemmeno di fronte a bimbi in carrozzina o in carrozzella e sotto il sole cocente i dipendenti vengono mossi a pietà. I cancelli non li aprono nemmeno per dare un po’ di refrigerio all’ombra. «Se vi fate male fuori orario...» obiettano scrupolosi gli addetti. «E se mi venisse un malore fuori dai cancelli, non vi importerebbe?» risponde una signora con due bimbi scalpitanti. Una volta all’interno, l’abbraccio di cemento delle tre piscine «incassate» fra gli spalti è stringente. Il verde è un miraggio, almeno quanto il ripristino della vasca tuffi chiusa poco dopo i restauri del 2003 perché gli oblò non sopportano la pressione dell’acqua. La situazione peggiore è indubbiamente in via Cardellino: l’impianto è stato chiuso il 7 luglio dopo che dei vandali hanno per due volte rovesciato vernice nella vasca intasandone i filtri. Risultato? Riaprirla era antieconomico.

Peccato che sul sito di Milanosport si glissi sulla chiusura. Nel quartiere, i vacanzieri del Lorenteggio lo sanno, ma chi amasse cambiare, a dispetto dell’ adagio Anni ’60 «stessa spiaggia, stesso mare», resterebbe con un palmo di bikini.

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