Se l'enigma relativo al bosone di Higgs, la cosiddetta «particella di Dio», sembra essere stato svelato dagli scienziati dal Cern di Ginevra, una discreta parte di merito in quella che potrebbe essere la più importante scoperta scientifica nella storia dell'umanità va assegnata a un'impresa italiana. Con sedi a Cinisello Balsamo e Muggiò, per la precisione: è la Malvestiti Spa, azienda meccanica nata nel 1945, esattamente il 26 aprile, il giorno dopo la Liberazione, per merito di Ernesto Malvestiti, un giovane tecnico scampato alla guerra. Oggi, con i suoi 220 addetti, l'azienda guidata dai quattro figli di Ernesto ha raggiunto un primato tecnologico straordinario: ha vinto la gara internazionale indetta dal Cern di Ginevra per la fornitura dei componenti meccanici di base del «Large Hadron Collider», il superacceleratore di particelle che proietta protoni e neutroni in un anello di 27 chilometri alla velocità della luce e a temperature prossime allo zero assoluto (-271°C), causando scontri atomici che devono rivelare i segreti della materia e dell'universo.
Ma quali componenti meccanici ha fornito la Malvestiti? «L'acceleratore è formato da 1.232 magneti bipolari e da circa 400 magneti quadrupolari, che servono a far scorrere e a mantenere in traiettoria il fascio di protoni: noi abbiamo realizzato i collari metallici che costituiscono il 70% della struttura, circa 15 milioni di pezzi garantiti con una tolleranza di 2 centesimi di millimetro», racconta Gianfranco Malvestiti, presidente del consiglio di amministrazione dell'azienda di famiglia.
Come è stato possibile che una piccola impresa dell'hinterland milanese sia riuscita a diventare il più importante fornitore tecnico della più costosa e imponente macchina scientifica mai realizzata dall'uomo? «Già da qualche anno avevamo avviato una collaborazione con l'Istituto nazionale di fisica nucleare e con il Cern, partecipando ad alcuni progetti di prototipo per i superacceleratori. Quando prese corpo il progetto per la realizzazione dell'Lhc di Ginevra, ci trovammo in competizione con americani, tedeschi e giapponesi, ovviamente i colossi del settore». La «piccola» Malvestiti non si è spaventata davanti ai grandi nomi della meccanica mondiale e ha vinto la sua scommessa, riuscendo là dove neppure le più avanzate tecnologie tedesche erano in grado di dare garanzie: «Grazie alla nostra esperienza nell'ambito della costruzione di stampi e dello stampaggio a freddo dei materiali metallici - riprende Malvestiti - abbiamo presentato al Cern una proposta risolutiva: progettare uno stampo composito, modulare, che potesse essere modificato a seconda dei risultati qualitativi che si sarebbero registrati nella produzione dei pezzi in serie e che potesse operare su un acciaio inox con un elevato contenuto di manganese, appositamente fabbricato da una ditta giapponese, garantendo tolleranze infinitesimali nell'ordine dei micron».
Forte dell'esperienza maturata in questa commessa, la Malvestiti continua a crescere avendo registrato nel 2011 un fatturato di circa 57 milioni di euro, in aumento rispetto ai 50 dell'anno precedente.
La crisi sembra aver solo lambito le mura degli impianti produttivi dell'azienda: «Per la nostra crescita è fondamentale l'evoluzione tecnologica sui prodotti di nicchia.
Ed eroso altre quote di mercato ai concorrenti della Malvestiti, che lavora per il 70% nel settore automobilistico e per l'80% con clienti esteri.
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