Gli indagati si accusano per l’omicidio del trans

Aggiungere squallore allo squallore. È quanto stanno facendo M.R., marocchino di 17 anni e Davide «Peppe» Grasso, 19enne residente a Rozzano, complici del sequestro e del massacro mortale di Gustavo Brandau Rangel, meglio noto con il nome di Samantha, il transessuale brasiliano di 30 anni che si prostituiva in via Novara e che i due hanno assassinato a coltellate (o a colpi di cacciavite) il 29 luglio scorso. I due balordi, infatti, dopo aver ammesso in un primo tempo di essere responsabili di tutte le accuse mosse contro di loro dai poliziotti della squadra mobile (sono stati loro a condurre gli investigatori nel luogo dove avevano gettato la povera Samantha in fin di vita, lungo la tangenziale ovest) ora si stanno scaricando a vicenda, l’uno contro l’altro, la colpa più pesante. «È stato lui a impugnare l’arma con cui è stato ucciso il trans» sostiene uno; «no, io non c’entro: a dare il colpo di grazia al viado è stato lui» dichiara l’altro. Insomma: al peggio non c’è mai fine. L’unico elemento sul quale entrambi sono concordi è il fattore droga: sia il marocchino che il catanese, infatti, hanno ammesso di aver assunto cocaina e alcool prima di iniziare la loro «notte brava».

Intanto il trans Paola - amico di Samantha e testimone oculare della sua aggressione e del rapimento - proprio per averne denunciato la scomparsa e aver collaborato alle indagini avrà il permesso di soggiorno ai fini di giustizia. «Così cercherò di trovare un lavoro normale» ha dichiarato il viado attraverso il suo legale, Debora Piazza.

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