Intercettati dall'Antimafia Barbato e D'Alfonso nei guai

Promesso un pacchetto di voti alle prossime Regionali In «silenzio stampa» il consigliere eletto nella Lista Sala

Cristina Bassi

Il consigliere comunale eletto per «Noi Milano Beppe Sala sindaco» e delegato al Bilancio della Città Metropolitana Franco D'Alfonso e il comandante della polizia municipale Antonio Barbato finiscono nella bufera. Citati nelle carte dell'inchiesta della Dda, sfociata con gli arresti dello scorso 15 maggio, su affari della mafia catanese al Nord. E coinvolti in alcune intercettazioni imbarazzanti. I due nomi spuntano ora che l'indagine è stata chiusa e che il gip Giulio Fanales ha mandato a processo con il rito immediato 13 persone (udienza il 14 novembre).

Partiamo da Barbato. Dopo le rivelazioni di stampa, l'assessore alla Sicurezza Carmela Rozza ha fatto sapere di averlo convocato per domani per un chiarimento. Il comandante non è indagato. I pm Ilda Boccassini e Paolo Storari lo hanno però ascoltato di recente come teste su un episodio, da lui stesso confermato, che viola le regole dell'opportunità istituzionale. In un incontro mediato da Domenico Palmieri, ex dipendente provinciale e sindacalista mandato a processo, Barbato incontrò Alessandro Fazio, anche lui imputato. Quest'ultimo è con il fratello Nicola titolare della Securpolice che si occupa tra l'altro della security in Tribunale e alla Lidl. Per la Procura, è anche strumento nelle mani del clan Laudani. Fazio era interessato a un appalto comunale, di cui discusse con il comandante dei vigili. In cambio offrì di far pedinare Mauro Cobelli, sindacalista e sottoposto di Barbato con cui ha vecchie ruggini. Entrambe le parti sembravano interessate al patto, che però alla fine non si è concretizzato.

Non è andato in porto (anche per l'arresto del solito intermediario Palmieri) neppure lo scambio ipotizzato dai pm tra D'Alfonso e l'imprenditore di Sesto San Giovanni Arcangelo Giamundo. Il quale non risultava indagato al momento degli arresti, ma era ritenuto partecipe «alla complessa organizzazione criminale» finita nel mirino degli inquirenti. Va detto che lo stesso D'Alfonso non figura nella lista di coloro cui è stata notificata la chiusura delle indagini. Sarebbe stato indagato, la sua posizione sarebbe poi stata stralciata e andrebbe verso l'archiviazione per mancanza di elementi concreti a suo carico. L'ex assessore della giunta Pisapia non avrebbe intenzione di fare dichiarazioni, neppure attraverso un legale, finché non conoscerà gli atti. Della vicenda giudiziaria avrebbe saputo esclusivamente dai giornali. L'accusa sarebbe quella di aver chiesto voti per le prossime Regionali a Giamundo, capace di garantirgli un cospicuo «pacchetto». L'imprenditore avrebbe ricevuto a sua volta la promessa di un aiuto per un appalto all'Idroscalo.

«È clamoroso il silenzio» sula questione «del sindaco e della maggioranza - attacca il capogruppo di Fi a Palazzo Marino Gianluca Comazzi -. La sinistra dimostra di essere garantista quando conviene e giustizialista quando si tratta degli avversari politici».

Anche il capogruppo in Regione di Fdi Riccardo De Corato registra il «silenzio assordante» dei «forcaioli di sinistra», mentre Manfredi Palmeri (Lista Parisi) chiede «trasparenza e responsabilità» da parte dei diretti interessati, per evitare «fraintendimenti e strumentalizzazioni». Esige «chiarezza» pure il grillino Simone Sollazzo. E il capogruppo leghista Alessandro Morelli definisce «pesantissime» le intercettazioni emerse.

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