Cronaca locale

Inutile e mai terminata: lo scandalo aula bunker

Avrebbe dovuto esser pronta a luglio, ma la fine lavori è lontana. E anche la strada che doveva renderla accessibile non si può fare

Inutile e mai terminata: lo scandalo aula bunker

«Entro la fine di luglio completeremo i lavori», aveva garantito Pietro Baratono, provveditore alle Opere pubbliche per la Lombardia, quando il Giornale gli aveva chiesto di spiegare a che punto fosse l'interminabile appalto per l'aula bunker in costruzione davanti al carcere di Opera. Era apparsa una promessa impegnativa, visto lo stato in cui si trovava il cantiere. E, infatti, la promessa non è stata mantenuta. Luglio è finito, ma l'aula bunker no. Anzi, basta fare una gita in fondo a via Ripamonti, nella vasta area compresa tra il carcere e la tangenziale, per accertare che il completamento dell'impresa è tutt'altro che prossimo, anche perché i lavori sonnecchiano. Quattro operai in tutto. Forse si parlava del luglio dell'anno prossimo.

Gli unici passi avanti visibili del cantiere sono la recinzione dell'area: una rete metallica con cartelli minacciosi, «limite invalicabile», «vigilanza armata». In realtà ci si infila senza problemi e altrettanto facilmente si entra all'interno del bunker di cemento. Ecco la grande aula per processi, con la gabbia per i detenuti, il loggione per il pubblico: è a grezzo, esattamente come cinque mesi fa. A grezzo i sotterranei destinati a ospitare (in condizioni assai discutibili) i detenuti nelle pause delle udienze. Poco meglio l'ultimo piano, dove sono state realizzate le camere che dovrebbero alloggiare i giurati nottetempo, nel caso di camere di consiglio particolarmente lunghe,

Insomma, l'aula bunker di Opera è un'eterna incompiuta. E d'altronde la Corte dei conti lo aveva previsto, aprendo una inchiesta proprio per «danno erariale da opera incompiuta» e decidendo di andare a scavare sullo spreco di denaro pubblico che ha accompagnato questo progetto fin dall'inizio, quando nel 1995 i vertici del tribunale milanese decisero che a Milano oltre alle due aule bunker già esistenti (in piazza Filangieri, davanti San Vittore e a Ponte Lambro) ne andasse a tutti i costi realizzata un'altra. A dire il vero, nei piani originari le aule di Opera dovevano essere due, ma strada facendo il progetto è stato modificato e ora al posto di una delle aule sono previsti spazi per archivi. Nel frattempo, di variante in variante, il cantiere ha inghiottito più di undici milioni di euro, mentre i lavori già realizzati tra uno stop e l'altro andavano in malora.

«Anziché terminarla, costerebbe di meno ammettere che è un'opera insensata e raderla al suolo», si dice a mezza voce in tribunale: anche perché, una volta terminata, l'aula bunker di Opera avrebbe costi di gestione elevati. E a rendere ancora più surreale l'impresa c'è un dettaglio: l'aula, se e quando verrà ultimata, sarà quasi inaccessibile. Nei piani originari doveva essere realizzata una strada che la collegasse a via Paolo Borsellino, dove sorge la caserma dei carabinieri di Opera. Ma la strada non c'è e probabilmente non ci sarà mai, perché nessuno ha provveduto ad espropriare i campi che circondano il cantiere. Così l'unico percorso per accedere al bunker sarà (incredibilmente) passare all'interno del supercarcere di Opera, attraversando tutti i varchi di sicurezza per uscire poi alle spalle del carcere.

Facile per i magistrati, forse non difficile per i detenuti che in carcere ci sono già: un'impresa per gli avvocati, i parenti, i giornalisti, insomma per tutti coloro che trattandosi di udienze pubbliche avrebbero il diritto di assistervi e che invece dovrebbero superare ostacoli come se volessero andare a fare due chiacchiere con Totò Riina.

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