«Io grillino milanese dico che è un No federalista»

Il consigliere 5 Stelle fra referendum e Regionali «I lombardi? Vogliono che le risorse restino qui»

Alberto Giannoni

Stefano Buffagni, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, vi aspettavate questa pioggia di No?

«Non ho fatto pronostici, sono scaramantico da buon interista. Ma è un bel segnale. La Lombardia non vuole avallare un centralismo di potere e vuole mantenere competenze».

Dà una lettura federalista di questo voto lombardo?

«Voglio ragionare nel merito della riforma, che prevedeva un accentramento a Roma. La Lombardia chiede che le risorse vengano gestite qua».

Accenti leghisti. D'altra parte con la Lega eravate dalla stessa parte, per il No.

«Noi abbiamo fatto una campagna nel merito, la Lega ha avuto proposte condivisibili ma quando ha avuto l'occasione non ha mai rispettato gli impegni, questo ci distingue».

Vale anche per la giunta di Roberto Maroni?

«Raccontano favole e non rispettano gli impegni, o fanno cose che non corrispondono a ciò che la gente si aspetta, anche sui costi della politica».

Ma sono stati tagliati.

«Non è sufficiente. Noi avevamo preso impegni sulle indennità e li manteniamo. Loro no, vedi ticket e bollo auto».

Quindi, visto che manca poco più di un anno alle elezioni regionali si può dire...

«Speriamo anche meno, c'è un procedimento pendente».

Lei si augura una fine traumatica della legislatura?

«Secondo me Maroni doveva andare a casa ben prima, quando sono stati fatti arresti nel sistema della sanità toccando uomini di fiducia».

Per restare alla politica, pronti a correre soli?

«La legge regionale non ci aiuta perché non c'è ballottaggio. Noi avevamo proposto di inserirlo. E bisogna ricordare che dall'altra parte c'è il Pd lombardo, che è quello di Lodi».

Il Sì di Milano?

«Mi dispiace, forse c'è stata la percezione di paura o di rischi nel mondo economico-finanziario. Una paura creata e, visti i dati, ingiustificata».

Alle ultime regionali e comunali voi siete stati delusi in Lombardia e a Milano.

«Alle regionali non è andata malissimo. È chiaro che è difficile perché questa è la regione dove si sta meno peggio e per questo stiamo adeguando proposte concrete per questo territorio, che vuole risultati. Alcune problematiche qui sono giù superate. In alcune parti d'Italia si inizia un'opera e non si finisce. Qua sì, e magari pure con qualche tangente».

Quali proposte studiate per parlare con questo mondo?

«Per le imprese, per gli investimenti, lo sviluppo. Maroni oggi, piuttosto delle piccole imprese che sono il nostro tessuto sociale, preferisce aiutare le grandi aziende che occupano tante persone, comprese quelle che hanno delocalizzato nonostante gli incentivi».

Sembra che abbia votato Sì chi sta bene e No chi sta peggio, le periferie. Milano è l'ultima oasi di benessere?

«Noi non vogliamo contrapposizioni fra chi sta bene e chi sta meno bene. Dobbiamo garantire sostegno a tutti, combattendo la povertà senza per questo danneggiare chi sta bene. Come per l'insicurezza: è più percepita in periferia perché la politica ha dato priorità al centro. Per dare sicurezza alle periferie non si deve penalizzare il centro».

Lei in politica come si definisce? Se votasse in Francia sceglierebbe socialisti, conservatori o Le Pen?

«Voto in Italia, non mi interesso degli altri.

Sono un grillino di Milano, che risponde al suo territorio. In passato ho votato diverse forze politiche che mi hanno deluso. Sono un commercialista. E so che anche nel mondo dell'impresa le guerre ideologiche le pagano tutti».

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