"Io, musulmana del Pd non entrerò in moschea Il Comune ha sbagliato"

Maryam Ismail, antropologa italo-somala, è nella segreteria dei democratici: "La maggioranza dell'islam, laico e moderato, è stata esclusa"

"Io, musulmana del Pd non entrerò in moschea Il Comune ha sbagliato"

«Sono una libera musulmana». Maryan Ismail è preoccupata e l'ha spiegato anche al Qt8, in un incontro sul caso moschee. Maryane ha doppia cittadinanza ed è nata a Mogadiscio. «C'erano due chiese cattoliche - ricorda - il vescovo (poi ucciso), una sinagoga, un tempio induista e uno buddista, ognuno pregava il suo Dio». Quella sua Somalia non esiste più. «Oggi - spiega - è la palestra internazionale delle brigate di musulmani fondamentalisti stranieri. Tutti i pazzi della Terra sono andati lì ad addestrarsi. I tagliatori di teste si sono allenati con le teste dei somali. Stiamo pagando un tributo altissimo». Sei mesi fa suo fratello, Yusuf Mohamed Ismail, ambasciatore somalo all'Onu di Ginevra, è stato ucciso in un attentato jihadista. Maryan è antropologa e da anni a Milano impegnata in politica. Ha guidato il circolo «Città Mondo» e oggi fa parte della segreteria del Pd. Ma è preoccupata e delusa.

Dottoressa Ismail, che giudizio dà sul caso moschee?

«Io ho a cuore l'idea di una moschea di tutti i musulmani, ci sono tanti islam. Quello di cui posso parlare io, l'islam africano, è universalistico, aperto, con una componente animistica. Fra Milano e provincia ci sono 150mila musulmani. Di senegalesi, somali, indonesiani, dei sufi, nessuno parla. La mia idea era una moschea neutra, senza fazioni. La stragrande maggioranza dei musulmani non vuole la politicizzazione della religione».

Del bando comunale cosa pensa?

«Dico “finalmente c'è stata quella iniziativa”, ma i risultati sono infelici, non solo per noi musulmani ma per il centrosinistra. Quel che lascia l'amaro in bocca è che la stragrande maggioranza dei musulmani, moderati, laici, via via sono stati esclusi. Si è posto come elemento decisivo della trattativa quello economico».

Quali sono i motivi di preoccupazione?

«Ho condiviso la lettera al sindaco di un gruppo di donne musulmane. Sottoscrivo le preoccupazioni di quelle donne, Con loro ho a cuore il diritto al culto sancito dalla Costituzione. Ma l'islam è religione particolare, nessuno può essere scevro dal contesto mondiale, dove islam gioca un ruolo problematico. Avevamo spinto sul fatto che la moschea fosse trasparente, sulla parità di genere, sulla separazione fra politica e religione, sul no a una lettura ortodossa che mortifica la ricchezza del mondo musulmano. Invece viene sempre rappresentato l'islam arabo, che ha l'egemonia, e questo non va bene, tutti quanti abbiamo dignità».

Cosa avrebbe fatto lei?

«Serviva una visione metropolitana. Penso alla sinagoga: via Guastalla e tante piccole. La stessa cosa perché non può essere fatta con l'islam? Serviva una moschea gestita da un board con tutti, costruita con la città, con le zone. Chi avrebbe detto no a una moschea di senegalesi? Che paura può fare la piccola comunità somala? Nel percorso qualcosa non è andato bene. La non apertura, la non separazione fra islam religioso e politico. Il timore è che si rappresenti chi oggi detta una linea politica molto forte».

Che aggettivo userebbe per il Caim, il coordinamento che con una sua associazione ha «vinto» l'area di Lampugnano?

«Il Caim non mi rappresenta. Non entro in conflitto con loro, riconosco il loro diritto di rappresentarsi ma non faccio parte di quella parrocchia, per l'utilizzo della politica nella religione e viceversa. Ci sono 20 associazioni dentro ma tutte legate a una visione».

Il punto per lei è il rapporto politica-religione?

«La commistione politica-religione mi ripugna. Attraverso le bombe sappiamo cosa significa l'uso della religione in politica».

Quanto incide la tragedia personale che ha vissuto?

«Questa posizione l'avevo anche prima. La lettera l'ho firmata prima dell'attentato a mio fratello. La morte di mio fratello evidenzia quello che ho sempre pensato».

Dove prega oggi?

«Io? in via Meda»

Entrerebbe mai nella moschea di Lampugnano?

«In una moschea gestita nei termini che ho detto? No. Mai dire mai ma non ci andrei a pregare.

Almeno fin quando non c'è una chiara scelta, inequivocabile. E non sto facendo una questione di sigle, Caim sì, Caim no. È questione di orientamento. Non posso essere rappresentata da un'area che non ha ancora scisso la religione dalla politica».

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