Islamici, raffica di ordinanze «Pd e leghisti uguali nei fatti»

Quindici provvedimenti di chiusura dai Comuni, denunce e vertenze Il Caim: «Vietato pregare. C'è l'accanimento trasversale dei sindaci»

Islamici, raffica di ordinanze «Pd e leghisti uguali nei fatti»

Nervi tesissimi fra le istituzioni e le comunità islamiche milanesi. Il braccio di ferro è aperto e senza distinzione di colore politico per il Caim, che parla apertamente di «accanimento» e si prepara a una mobilitazione contro quello che definisce il «sostanziale divieto di pregare»: «I sindaci chiudono i nostri centri e quando la comunità chiede dove potrebbe realizzare una moschea la risposta è: da nessuna parte».

I musulmani in Lombardia sono mezzo milione e Davide Piccardo sottolinea che «non esiste nemmeno una moschea riconosciuta». Esistono centinaia di centri di preghiera, che il coordinatore del Caim definisce «centri informali». «Luoghi ricavati in seminterrati, garages, capannoni e magazzini» ammette il leader islamico, sollevando il problema: «C'è un accanimento contro di noi - sostiene - dovuto a una concomitanza di fattori: il clima in Europa, l'islamofobia, il vuoto normativo nazionale, una legge regionale liberticida, l'atteggiamento dei sindaci che si traduce in una recrudescenza di provvedimenti».

Ecco il punto secondo i centri musulmani. Non c'è solo la maggioranza politica del Pirellone fra i destinatari della polemica, ma i sindaci, di tutti i colori politici: «A parte la propaganda, non ho trovato differenze nei fatti fra i sindaci del Pd e della Lega» dice Piccardo, che attacca: «Una sfilza di sindaci, di ogni colore politico, antepone miseri calcoli di consenso, l'inadeguatezza istituzionale e la propria ignoranza al dovere di garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini e otterrete un effettivo. Sul territorio, oggi, è tutto un proliferare di vertenze: «Oggi abbiamo sul tavolo del Caim una quindicina di provvedimenti di chiusura di luoghi di preghiera, provvedimenti voluti da sindaci che ti dicono che: lì non potete pregare, mi dispiace è la legge».

Il clima, come detto, è teso come non mai: «Venerdì - racconta Piccardo - sono stato identificato insieme ad altri fratelli per aver tenuto aperto un centro islamico nonostante l'ordinanza del sindaco che ci ha minacciati di fare un esposto alla procura. Venerdì saremo in un altro paese della Lombardia dove il sindaco ci ha minacciati di denuncia penale se terremo aperta la sala di preghiera». Ed ecco che il leader dei musulmani milanesi lancia il più classico dei «che fare?». «Non è uno sfogo - spiega - ma un modo per capire come reagire a questa situazione che, di fatto, nega il diritto di pregare di tante cittadini. Anche italiani fra l'altro, come sono italiano io». Il quesito politico sollevato da Piccardo e sottoposto agli altri dirigenti dei centri e agli amici ottiene fra le risposte un certo numero di reazioni provocatorie (almeno speriamo), fra cui la «chiusura anche di chiese e sinagoghe». Non manca chi propone ricorsi in tutte le sedi, anche europee. Ma è proprio sul fronte delle iniziative legali che nel Caim sono arrivati al capolinea. «Non possiamo impugnare tutti i Pgt, non possiamo fare ricorsi in ogni Comune» spiega il coordinatore Caim, che ha chiesto l'impugnazione della legge regionale e ha deciso di costituirsi in giudizio nel processo costituzionale. La strada più probabile oggi è una mobilitazione per ottenere una legge nazionale: «Una legge che regoli la libertà religiosa».

Intanto la Lega non

arretra e sul fronte del bando comunale il consigliere Massimiliano Bastoni insiste: «Chi oggi vuole far fiorire moschee a Milano e instaurare un dialogo con l'islam, o fa becera demagogia o non sa di cosa sta parlando».

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