Tracce biografiche su uno spartito intellettuale. Il cinema di Kim Ki-Duk, regista sudcoreano di grande spessore, è vita che talvolta diventa autobiografia. Storie di giorni e di dolore. Esistenze che non amano falsificazioni e approdano sul grande schermo senza filtri né censure. Forma e contenuto si armonizzano nel rigore della prima e nella singolarità del secondo. Lo stile è crudo. La Settima Arte secondo Kim Ki-Duk - al quale la Cineteca offre il tributo di una retrospettiva da oggi al 13 maggio - sta tutto qui.
Un orso d'oro a Berlino 2004. Un leone d'oro nel 2012 e uno d'argento nel 2004 a Venezia. Il premio come miglior film a Cannes nel 2011 nella sezione «Un certain regard» sono il palmares di una prestigiosa filmografia. Fino al più recente Il prigioniero coreano drammaticamente attuale anche in un'epoca di disgelo fra Nord e Sud di uno degli ultimi stati ancora divisi. Le prospettive, solo apparentemente discordanti, del regime comunista e del governo capitalista di Seul si scoprono sorprendentemente affini nel gestire un incidente come se fosse un affare di stato. E se al Nord temono che il pescatore abbia fatto la spia, a Sud temono che sia stato mandato per spiare. L'esito insomma è tristemente e troppo analogamente drammatico. Il film, da poco uscito in sala, è di gran pregio e sarà in programma sabato 12.
Prima di allora scorreranno altri nove titoli a partire da Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera, ritratto di gioie, amarezze, rimpianti e felicità di cui si compongono le varie fasi della vita in una andamento ciclico e circolare inarrestabile. Ma è con L'isola e L'arco che si entra nel vivo della società attraverso due diverse figure di donna. Nella prima la protagonista vende cibo di giorno e il suo corpo di notte ai pescatori. Quando arriva un poliziotto sull'orlo del suicidio, le loro vite cambiano radicalmente. Lei lo vuole salvare e lo seduce, ma il sesso si rivela solo un rimedio provvisorio. Nel secondo un uomo adotta e alleva una bambina, per poi sposarla al compimento dei 16 anni. La coppia vive felicemente finché un giovane allaccia una tenera amicizia con la ragazza. Dramma triangolare con allusioni a un Cupido dagli occhi a mandorla che usa l'arco per far innamorare e non per uccidere.
Tetro dramma è invece quello di Arirang, fortemente autobiografico, dopo la crisi psicologica che colpì il regista quando una sua attrice rischiò la morte sul set nel corso delle riprese di Dream, anch'esso in rassegna, in cui il sogno confina con l'incubo sdoppiato fra veglia e sonnanbulismo. Completano il panorama La samaritana, tragedia di una ragazza che sogna un viaggio in Europa e si prostituisce per raggranellare i soldi necessari. Dopo l'amore pretende dai clienti la conversione al buddismo, ma viene scoperta e - non esercitando per mestiere - si uccide. Ma sarà l'amica a sostituirla nel destino.
Ferro 3 - La casa vuota, storia di un matrimonio sofferto e Soffio, decadente profilo di una donna che assiste un condannato a morte, si aggiungono a Pietà, che trionfò a Venezia nel 2012. Un usuraio crudele ritrova la madre che lo aveva abbandonato e decide di cambiare vita, ma il male commesso non si cancella tanto facilmente. Nemmeno nel cinema di Kim Ki-Duk.
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